giovedì 26 dicembre 2013

Curfew


Quando si dice il destino, il momento giusto. Un ottimo cortometraggio, venti minuti di vita vera, quella che si stava per spazzar via e che una coincidenza inaspettata ha reso nuovamente possibile. 
Un film che ha girato, vincendo diversi premi, i migliori festival cinematografici, passando anche al Tribeca Film Festival

Inizia in modo bizzarro la giornata di Richie, il fragile e tenebroso protagonista che accetta di aiutare la sorella a cui non parla da tempo e passare il pomeriggio con l'impertinente nipotina. Pochi minuti e tra i due nasce una dolce amicizia fatta di confidenze e confessioni. E' lo sbocciare di un rapporto speciale tra zio e nipote che diventa legame indissolubile.

Il regista Shawn Christensen, membro della band indie-rock newyorkese Stellastarr e già autore e regista in diversi altri progetti, ha saputo concentrare bene in pochi minuti una storia così delicata. Per non parlare dell'intensità della sua recitazione (interpreta il protagonista), dolorante ed intrisa di commovente tenerezza. E' altresì molto forte la struttura narrativa prologo-narrazione-epilogo, marcata al punto giusto, quasi circolare che incornicia il film senza essere troppo invadente.
Il talento dei tre attori, tra cui un'interpretazione di Fatima Ptacek ineguagliabile, supera la cupezza dei colori e della trama. Tematica e messaggio d'impatto sono efficaci e chiari, diretti allo spettatore senza fronzoli o macchinazioni inutili.
La scelta delle locations, delle strade, delle luci, dei luoghi chiusi (bar, bowling, vecchio appartamento di Richie) provoca un'atmsfera da un lato lugubre, ma allo stesso tempo scaldata dalla complicità immediata che nasce tra i personaggi e la grande empatia che si prova nei loro confronti.

Un viaggio attraverso le tragiche paure dell'uomo, in un momento inquietante, realistico e struggente.

mercoledì 18 dicembre 2013

Cold Weather

Un film di Aaron Katz con Cris Lankenau, Trieste Kelly Dunn, USA, 2001


Scritto, diretto e montato da Aron Katz, è un mystery movie in pieno stile mumblecore presentato in anteprima in Texas, al South by Southwest Festival.
Poco recitato, probabilmente anche improvvisato, è stato girato in location esterne ed interne poco elaborate, quasi mai artificialmente illuminate sfruttando la luce naturale, cupa e plumbea del cielo autunnale di Portland, la cittadina dell'Oregon da cui proviene lo stesso cineasta e in cui è ambientato il film.
Cris Lankenau interpeta un personaggio molto complesso psicologicamente: un ragazzo strano, un po' ingenuo o spaesato che da Chicago torna a Portland per vivere con la sorella, risolto porto sicuro e materno.
Ottima la capacità del regista di far crescere la tensione, all'interno della narrazione, grazie ad un montaggio ben strutturato, non per forza serratissimo ma funzionale, e una colonna sonora fatti di suoni e rumori molto evocativi.
Le riprese (digitali con la RED) in generale fisse negli interni e più mosse in auto, con giochi di focus e conseguenti cambi di attenzione per lo spettatore, si mescolano bene al tema scuro e alla fotografia del film.

Un gioco di genere per il regista indipendente Katz che confeziona quasi una spy-story indipendente prendendo ispirazione dal mito di Sherlock Holmes molto amato anche dal personaggio di  Lankenau, rendendo avvincente una vicenda che di minuto in minuto, dopo un inizio piuttosto piatto, si trasforma in una storia interessante.

mercoledì 11 dicembre 2013

3 cine-attese dal Torino Film Fest 2013



Il Torino Film Fest si è  concluso con il premio al miglior film assegnato a Club Sàndwich di Fernando Eimbcke, e come ogni anno, tra i film in concorso e non, sono state proiettate le migliori produzioni, soprattutto indipendenti, provenienti da tutto il mondo. Tra tutti, ecco di seguito tre film da non perdere per la prossima stagione cinematografica.

Only Lovers Left Alive
E’ l’ultimo film di Jim Jarmusch, il padre fondatore del cinema indipendente americano che ritorna dietro la macchina da presa dopo ben quattro anni. Sono suoi i gioiellini Coffee and Cigarettes e Broken Flowers, ed in generale tutta la sua filmografia è contrassegnata dal suo stile personale che però si plasma in base alle storie e ai generi che di opera in opera tratta. In Only Lovers Left Alive si parla d’amore, un amore che però diventa universale, nonostante apparentemente si dipani solo entro i confini del soprannaturale. Un vampiro musicista da secoli innamorato della sua donna, vedrà messo alla prova il proprio sentimento. Il realismo nell’irreale, la verità nel fantastico: due registri e due letture differenti  di un’opera che si presta ad essere interpretata, letta e inter-letta da diverse tipologie di pubblico.

The Way Way Back
Una dramedy direttamente arrivata dal Sundance Film Festival, diretta da Nat Faxon e Jim Rash al suo debutto alla regia: il quattordicenne introverso Duncan, durante una calda vacanza estiva in cui chiunque sembra deciso a rifiutarlo, stringe amicizia con il guardiano di un parco acquatico. Una riflessione naturale sulla diversità, la timidezza e l’accettazione di un mondo interiore più ricco, poetico e singolare da non sottovalutare.

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domenica 8 dicembre 2013

It's Not You, It's Me

Un film di Marc Spicer con Gillian Jacobs e Fran Kranz.

 Scritto e diretto da Marc Spicer, questo cortometraggio è una black comedy condensata in dieci minuti che corrono veloci senza mai fermarsi, tragicamente spiazzanti, ogni secondo di più.
Presentata in anteprima al festival South by Southwest ed interpretata da Gillian Jacobs, l'opera racconta la storia di una giovane donna fidanzata ed insofferente nei confronti del rumoroso partner che a tavola, scomposto, sonorizza ogni pranzo in modi non particolarmente ortodossi.
Più che una comedy, si potrebbe definire un film  che fluttua tra la comicità e il grottesco, ricco di gags ed un cliffhanger carino, inaspettato, ancor più divertente.

Solo dopo averlo visto fino alla fine, si capisce la potenza di una scrittura e di un montaggio quasi invisibili, eppure più che mai efficaci. 
Tecnica e stile si sottomettono completamente alla narrazione senza emergere nel virtuosismo tipicamente indie che solitamente arricchisce i piccoli film d'autore. In questo caso nulla si crea, tutto si distrugge. Una narrazione d'impatto che sfrutta proprio la reale potenza del corto, senza impiegare più o meno tempo del dovuto, equilibratamente perfetto.

domenica 1 dicembre 2013

Frances Ha

 Il bianco e nero contemporaneo di una New York complicata, moderna, e romantica, in stile Woody Allen, apre un piccolo gioiellino atteso da mesi e che finalmente si è mostrato in tutto il suo splendore. Un film che rappresenta un piccolo viaggio nella vita di una piccola donna, tra le strade di una piccola New York, grande protagonista del film, con i suoi quartieri affascinanti.

Un'opera a metà tra il parlato e il musicato, “corsa” da una Greta Gerwig singolare, la quale rappresenta un po’ il preludio a quel corto poi diretto da Spike Jonze in cui si scatena con energia travolgente.
Scritta dal regista Noah Baumbach (già collaboratore di Wes Anderson e regista del meno brillante Greenberg) e dalla stessa Gerwig, la sceneggiatura è il fulcro pulsante dell’opera: i dialoghi, contraddistinti da un’originale spontaneità, lasciano interagire personaggi scapigliati dalle vite frugali, splendidi bohemien contemporanei.
La storia avvincente e specialmente ordinaria della protagonista, racconta il vagabondaggio artistico, affettivo e materiale di Frances, eroina goffa e un po’ maldestra, che si districa con una naturalezza ammirevole tra le piccole grandi cose della sua vita quotidiana e complicata, sotto le note di una colonna sonora perfetta che suona Paul McCartney e David Bowie.

BROOKLYN – CHINATOWN – SACRAMENTO – PARIGI – NEW YORK

Una città di corsa dunque, vista attraverso gli occhi di  una giovane donna svampita che “non sa ancora fare l’adulta” e che corre ballando per le strade come un’adorabile bambina alla ricerca di qualcosa. A cena con Adam Driver: eccolo riconoscibile, un altro dei perfetti slackers sognatori contemporanei che abitano il film.

Un po’ Jules et Jim, un po’ Manhattan. Lo stesso regista ha dichiarato di essersi ispirato a Woody Allen e al suo operatore Gordon Willis per il bianco e nero del film che strizza l’occhio anche a Truffaut, ai suoi triangoli amorosi ormai entrati nella storia e ad un cinema che ha molto a che fare con lo stile europeo: Greta Gerwig è un po’ la Delphine de Il raggio verde, l’eroina disadatta dell’oggi, goffa e maldestra, ma amabile in ogni sua attraente debolezza. Undateble

martedì 26 novembre 2013

Gli indipendenti del Rome Film Fest



L’ottava edizione del Festival Internazionale del Film di Roma si è conclusa con un trionfo tutto italiano: ad aggiudicarsi il Marc’Aurelio d’Oro come miglior film, infatti, è stato Tir di Alberto Fasulo, un’opera interamente dedicata alla crisi contemporanea vista attraverso gli occhi di un insegnante che diventa camionista. Quella di quest’anno è stata un’edizione particolarmente fortunata dal punto di vista delle scelte cinematografiche che si sono rivelate essere il giusto compromesso tra opere commerciali e scelte più ricercate. Tra i film in concorso e non, ecco cinque gioiellini quasi indipendenti passati dal festival e assolutamente da non perdere. 

Her di Spike Jonze

Ha vinto il Mouse d’Oro, il premio della critica online, nonché il premio per la miglior interpretazione femminile, andato ovviamente alla talentuosa Scarlett Johansson, nel film voce intima e amica di un bravissimo Joaquin Phoenix (recentemente ammirato in The Master). Ambientato a Los Angeles, Her è uno dei film più attesi d’autunno ed è una favola futuristica che parla d’amore. Una commedia romantica diversa dal solito, il cui protagonista, uno scrittore asociale di nome Theodore, si innamora di una voce appartenente ad un sistema operativo, Samantha. Diretta da Spike Jonze, noto per titoli quali Il ladro di Orchidee o il cortometraggio uscito da pochi giorni Castello Cavalcanti, l’opera è interpretata, tra gli altri anche da Amy Adams e Olivia Wilde, altre due attrici affermate all’interno del panorama indipendente americano.

Dallas Buyers Club Jean-Marc Vallée

Siamo nel Texas degli anni ’80 e ad un cowboy omofobo viene diagnosticato il virus dell’HIV. Nell’impresa di curarsi attraverso la medicina alternativa, Ron Woodroof (Matthew McConaughey, premiato per la miglior interpretazione maschile), incontra una transessuale sieropositiva. Un gioiellino dalla delicatezza senza eguali, quasi paragonabile alla poesia di This Must Be The Place di Sorrentino. Presentato in anteprima al Toronto Film Festival, nelle sale italiane arriverà solo a partire da gennaio 2014. 


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domenica 24 novembre 2013

A Lunch Break Romance



Cosa succede quando l’insicurezza e la timidezza impediscono il giusto avvicendarsi delle cose, la naturale evoluzione delle storie?

Lei, lui e una panchina in pausa pranzo: è tanto tempo che si incontrano, si vedono, ma non si parlano. Lui conosce i suoi gusti in fatto di zuppe, lei in fatto di scarpe. Si piacciono in silenzio, temendo di non essere al meglio, non aver lavato bene i capelli o essere goffi.
Una storia d’amore in potenza che troppo spesso rimane un sogno ad occhi aperti, nell’attesa che chissà, l’indomani, qualcosa possa cambiare, gli sguardi possano incrociarsi e finalmente vestir di certezze i vaghi pensieri fatti timori e insicurezze.

Campi e controcampi semplici, riprese frontali e una soggettiva iniziale molto espressiva rendono questo corto di Danny Sangra, uno studio antropologico di due minuti e mezzo, universale e alla fine anche divertente, con un gioco di stereotipi che funziona e fa sorridere. 

Un pezzo jazz, il più insicuro dei generi musicali, accompagna questa pausa pranzo tormentata e mai parlata: una particolarità unica che sembra strizzare l’occhio al vecchio cinema che rivive nel contemporaneo. Un cinema che è un po’ come se fosse il terzo personaggio del corto, un elemento fondamentale per capire e vivere il mondo anche se è già fin troppo evidente e i personaggi lo sanno: la vita non è un film.

Lo stile del regista in generale è originale: anche nel resto della sua fornita filmografia che conta ormai numerosi cortometraggi, si nota un estremo buongusto, un occhio speciale nei confronti dei bei colori, delle belle inquadrature e delle belle storie, scritte bene, con un tocco sempre sempre un po' fuori dall'ordinario.

lunedì 18 novembre 2013

Cine-attese d’autunno



A volte passano per i festival più indipendenti e cool del panorama cinematografico contemporaneo, altre volte rimangono in disparte incantando solo gli spettatori più attenti, in ogni caso riescono sempre a far parlare di sé perché quando si tratta di arte, che sia per tutti o che sia per pochi, anche da sola riesce ancora ad emergere. 

Ecco le tre cine-attese del nostro autunno al mirtillo! I miei cine-propositi migliori.

Inside Llewyn Davis: E’ l’ultima opera dei fratelli Coen presentata allo scorso Festival di Cannes e subito approdata al New York Film Festival. Ambientata nell’affascinante e vibrante New York degli anni Sessanta, la storia è ispirata alla vita dell’artista Dave Van Ronk, al Greenwech Village e alle atmosfere vibranti dell’epoca, invase dalle note folk di Bob Dylan e dei compagni musicisti. Suggestioni dai sobborghi newyorkesi che si respirano a pieni polmoni, volti melanconici, vagabondaggi musicali e un gatto senza nome nel metrò.

Paradise: Ricordate la piccola Juno che cammina sotto le note di All I Want Is You o la bella e triste Mavis di YoungAdult? Due personaggi usciti dalla penna dell’eccentrica e originale Diablo Cody, fedele collaboratrice di Jason Reitman e scrittrice dalla fervida e poetica fantasia. Ed ovviamente si sa, il fatidico momento del debutto dietro la macchina da presa prima o poi arriva per tutti: anche la giovane sceneggiatrice d’America ha girato la sua opera prima. Dallo stesso produttore di 500 Day ofSummer, arriva una storia dai colori vivaci, dalle luci della sera, dai dialoghi frizzanti da non perdere, con una Octavia Spencer più in forma che mai e una consapevolezza artistica al di sopra di ogni aspettativa.

Blue Jasmine: E’ l’appuntamento d’autunno per eccellenza, quello con Woody Allen e il suo film annuale da amare, criticare o detestare, ma che in ogni modo va visto e rivisto. Dopo le delusioni di To Rome With Love (per cui son tutt’ora validi i 5 buoni motivi  per amarlo), sembra che il genio di Brooklyn si sia risvegliato. Interpretata da Cate Blanchett e Alec Baldwin, aspettiamo con ansia la drammatica ma divertente storia di Jasmine, che da New York a Ssan Francisco è la protagonista assoluta del film che per eccellenza scalderà le nostre serate autunnali!

Post che concorre al BWWY di Grazia.it!

Se ami il cinema indipendente votalo qui!

venerdì 15 novembre 2013

Castello Cavalcanti

Scritto e diretto da Wes Anderson, interpretato da Jason Schwartzman e prodotto, tra gli altri, da Roman Coppola, Castello Cavalcanti è stato presentato ieri al Roma Film Festival dopo essere stato pubblicato in anteprima sul sito di Prada.

Atmosfere e scenografie posticce alla Dogville si mischiano ai fluidi movimenti di macchina diretti dal genio di Anderson. La sequenza iniziale in cui sfilano davanti alla macchina da presa quasi dei tableaux vivants, con personaggi pressoché immobili che ascoltano la sera circospetti, sotto un brusio di voci indefinite, è uno dei preludi più intensi del cinema, quasi ai livelli dell’intro di Antichrist di Lars von trier con il suo struggente Lascia ch’io pianga.

Settembre 1955, Italia: Un pilota di macchine oggi d’epoca fa un incidente al Castello Cavalcanti e si ferma nel locale di passaggio. I colori sono quelli prettamente tipici del regista quindi sullo schermo la prevalenza di gialli, arancioni e suggestioni pop ricorda gli anni stessi in cui è ambientato il film.  La collaborazione fashion con Prada s’insinua nella storia senza invadenza, sposandosi perfettamente con gli strepitosi interni del bar e le scenografie da sogno. 
Un’atmosfera veramente d’antan, felliniana, silenziosa, non c’è la nebbia di Amarcord ma quasi la si percepisce, tra la penombra di un luogo senza tempo e senza spazio.
C'è il fascino di Schwartzman, dell'uomo che chiama la sua sweety per non farla preoccupare fissando la barista e sognando figli con le donne di tutto mondo. Italia e America si fondono e confondono. Un corto strepitoso da non perdere grazie anche al fascino della sera e del bancone del bar che richiama la magia dei Nottambuli di Hopper e di tutte le malinconie artistiche cantate al cinema e non solo.

sabato 9 novembre 2013

Choose You


A live short film written by Lena Dunham

Ancora musica, cinema e performance che si incontrano e scontrano all’interno del panorama cinematografico indipendente americano e soprattutto agli YouTube Music Awards che si sono tenuti a New York. Spike Jonze alla regia collabora con Lena Dunham, abile sceneggiatrice di questo corto musicale amato e al contempo odiato dal pubblico.

Lui la guarda malinconico muoversi sinuosa insieme al suo nuovo partner. Il volume di una discoteca, conversazioni stropicciate e un’intesa fugace. C’è Lena Dunham nella chiassosa personalità della protagonista, nel personaggio maschile discreto e pensieroso. 

C’è Lena Dunham nella schiettezza dei dialoghi conturbanti, spiazzanti, quasi violenti che ogni volta riescono a stupire e farsi riconoscere. Il tocco geniale si consuma sul finale, scelto tra due opzioni differenti scritte dalla stessa Lena Dunham, nonché sul silenzioso sgomento di fronte ad una storia che in sé racchiude tante anime oltre che tre canzoni del celebre dj svedese Avicii.

Una rivisitazione ultra-contemporanea della tragedia delle tragedie, mai riproposta con tanta leggerezza, intelligenza e surrealtà. 

Jason Schwartzman e Dree Hemingway divertenti da non perdere!

lunedì 4 novembre 2013

Afterlife


Dietro alla macchina da presa per gli Arcade Fire e il video del loro pezzo Afterlife, Spike Jonze incanta ancora (dopo il Ladro di Orchidee) con un piccolo corto interpretato da Greta Gerwig. Entusiasmante e liberatoria, la visione di questo piccolo gioiellino sarà la gioia di tutti gli amanti del video e cinema indipendente. 


E' stato presentato agli YouTube Music Awards appena conclusosi e insieme a Greta Gerwig, relativamente al panorama cinematografico indipendente, hanno presenziato all'evento anche Michael Cera e Jason Schwartzman. In questo live video, la Gerwig dà il meglio di sé, fondendo e confondendo le diverse anime della sua personalità, del suo modo di recitare e del personaggio che pian pian si è costruita al cinema, quello di una giovane donna talvolta goffa, impacciata, una Bridget Jones contemporanea e meno perdente, ma con un lato buffo che la rende umana, sensuale a suo modo e cool. E' l'eroina contemporanea dei nostri giorni, del cinema indipendente, quella che ride di sé e fa sorridere senza per forza ammaliare.

Un video musicale che dunque rappresenta qualcosa di più, una piccola storia, un esperimento di cinema live, un rito come una danza che si spande infondendo carica ed energia.

*P.S: Greta Gerwig in Frances Ha, prossimamaìente su questi schermi! :)

venerdì 1 novembre 2013

The First


Un cortometraggio dall’animo romantico e contorto, che racconta con abile forza stilistica la confusione amorosa di un ragazzo che a sua volta confonde, lasciandosi alle spalle partner muti, incapaci di interagire realmente con il suo mondo complicato.
James Sweeney, giovanissimo regista nato in Alaska e trapiantato a Los Angeles, con questo corto ha esordito dietro la macchina da presa e con esso ha già girato molti festival in America. 
La tematica principale, a torto spesso considerata quella relativa all’amore omosessuale, è rappresentata invece dalla paura in sé dell’amore, del sesso e dei significati che ognuno costruisce intorno al proprio corpo e a quello degli altri.
Un corto fatto di visi, di occhi increduli, di corpi che si fondono, si scontrano e si distruggono. Poco parlato, molto sentito e suonato grazie ad una colonna sonora leggiadra (firmata Killer Tracks) che fin dalla prima scena evoca sensazioni di intimo silenzio e dettagli soleggiati.

Il trionfo d’immagini della sequenza finale è il vero motivo per guardare il film, amarlo e comprenderlo fino in fondo.

domenica 27 ottobre 2013

The Division of Gravity


Quale maestria narrativa, per raccontare la fine dell'idillio. Quel “per sempre” sorridente che si usura con il tempo. The Division of Gravity è un racconto al presente collegato al passato: immagini e ricordi si sfuggono e ritornano, giustificando la fine di un amore che altrimenti non si potrebbe concepire. Un fotografo molto preso dal lavoro pian piano dimentica la sua giovane sposa.
Un'ottima fotografia accompagna le riprese di dettagli, spiagge, fotografie e pareti silenziose. La recitazione dei due attori è passionale, spontanea e dolorante: ogni sguardo o sospiro sembra sia perfettamente al suo posto. Un equilibrio narrativo ed estetico speciale rende la visione piacevole, fotograficamente interessante ed emotivamente intensa. Un dramma perfettamente bilanciato che trova la sua dimensione in otto minuti in densi di tutto ed il suo contrario. Il gioco è di contrasti tematici ed amorosi, di fili che si spezzano e cornici che si scheggiano, eppur tutto funziona.

Lo stesso tema di contrasto, rimanendo nella filmografia del regista Rob Chiu, anche sceneggiatore e montatore dei suoi lavori, si trova anche nel suo primo cortometraggio Fear/Love con cui egli indaga tutt'altre tematiche giovanili quali il bullismo, la violenza, la paura, e lo fa in modo quasi subliminale, evocando sensazioni che pur non essendo veramente esplicite, portano con sé un carico emotivo in continuo crescendo. Non c'è più dramma d'amore qui, bensì un dramma sociale, raffreddato anche da una fotografia quasi completamente de-saturata e virata leggermente verso i toni del ghiaccio e del blu scuro.


La fotografia torna normale, l'esposizione con la luce naturale torna realistica nell'ultimo corto del regista, Once, When We Were Young, in cui la tematica rimane poco leggiadra, sempre correlata al disagio giovanile e metropolitano, alle armi, alla periferia, alle zone della metropoli più sensibili in cui i capi banda controllano i territori e il sorriso delle ragazze innamorate si fa aspettare. Il mondo brucia. E' la fine delle amicizie, è la fine dell'infanzia. Apocalittico e raccontato da una voice over misteriosa.

mercoledì 23 ottobre 2013

Stuck in Love


Un film di Josh Boon con Logan Lerman, Kristen Bell, Lily Collins, Jennifer Connelly

Uscito dal Sundance, Stuck in love è una romantic dramedy indipendente da non perdere. Scritta e diretta dal giovanissimo Josh Boon, è un’opera prima ed è stata girata in digitale nel North Carolina.
E’ un film pieno d’amore. Basti pensare allo splendido particolare per cui uno dei protagonisti si rivela appassionato di quella che a tutti gli effetti si potrebbe considerare tra le più belle opere della letteratura contemporanea americana. Raramente tanto amore si cela dietro ad una sola storia così ben intrecciata e quasi mai scontata. Un'opera pieno di perdono, dolore e grazia.
La grande espressività degli attori rende ogni personaggio un vero e proprio trionfo di verità e sentimento.
Uno dei punti di forza principali del film è la sceneggiatura: scritto benissimo, con un ritmo accogliente, vivace ma non frettoloso, il film scorre tra dialoghi scarni e profondi che raccontano una storia anche attraverso i suoi silenzi.
La leggerezza del film è ben bilanciata dal dramma che non si fa mai realmente patetico, riuscendo a fluttuare tra le sfumature della poesia senza diventare mai esagerato.
Riferimenti acuti e colti alla letteratura e alla passione vibrante per la scrittura, prerogativa di quasi tutti i personaggi, rendono la storia ancora più interessante, grazie anche a un cameo da colpo di scena degno dei più grandi sogni adolescenziali.
Vita in famiglia e vita da college: un richiamo romantico alle serie tv più belle, quelle che trasudano cultura americana senza ostentarla. Un vero ritratto familiare sulla complessità delle realzioni umane e il loro eterno indiscusso fascino.


domenica 20 ottobre 2013

Before Midnight


Sono usciti dall’ultimo Sundance e passati dal Tribeca Film Festival
Son tornati e oggi hanno quarant’anni. Adulti e disillusi, un po’ più cinici e stanchi, con ancora tante passeggiate da fare e tanti discorsi da affrontare. Son passati vent’anni da quella volta in treno, e alla spensieratezza del gioco, del pericolo, della curiosità e del tormento amoroso si son sostituiti i figli, i divorzi, e le amarezze della vita.
Il terzo capitolo della storia d’amore tra Céline e Jesse, girato dall’abile Linklater rappresenta la maturità, dei protagonisti, del regista e di una storia importante. Un’opera senza dubbio differente dalle due precedenti ma al contempo estremamente influenzata dal passato. I Céline e Jesse di oggi ricordano con tenerezza i loro venti e trent’anni che li hanno condotti in Grecia, a vivere una vacanza bucolica lontana dalla vita parigina. Ma i pesi dei propri errori si fanno sentire quando la stanchezza non concede né tempo né perdono e improvvisamente, una romantica serata si trasforma in un gioco crudele di colpe, rimorsi e domande a volte scomode.
Anche lo stile "cartolina" si è evoluto: non ci sono più la città, le strade i monumenti di Vienna o Parigi, bensì gli uliveti, i tramonti e le stradine caratteristiche di Messenia e Kardamyli.

La narrazione si sviluppa nell’arco di un’unica giornata e i due protagonisti sono affiancati da personaggi secondari che animano tutta la prima parte del film. L’elemento portante dell’opera, come per le precedenti, è ovviamente il dialogo, la verbosità tipica di una saga che da vent’anni incanta gli spettatori romantici.

La vera specialità del film è rappresentata dal rapporto reale tra i due attori e il regista, tutti accreditati per aver collaborato alla sceneggiatura (come sempre ricca di particolari, curata e originale) e aver creato un film molto personale. 
Il tempo passato nella finzione e nella realtà ha segnato e rivoluzionato una saga che è diventata un simbolo di qualcosa di più nel panorama cinematografico. Qualcosa che ispira veramente e non si lascia dimenticare. Una suggestione che la stessa Delpy ripropone spesso nelle sue regie. 

Un altro piccolo gioiello da guardare e custodire come un ricordo speciale, in attesa di un eventuale e sperato prossimo capitolo.

mercoledì 16 ottobre 2013

The Bling Ring


E’ l’ultima opera scritta e diretta da Sofia Coppola. Presentata allo scorso Festival di Cannes ha inorridito e incantato pubblico e critica.
In realtà questo film è un cortometraggio mancato molto interessante. Una rappresentazione veritiera e un po’ noiosa (come lo è nella realtà, quindi realistica) della vuotaggine contemporanea di adolescenti prossimi all’implosione. 
La storia in sé manca alquanto d’azione ed essendo sempre uguale a se stessa risulta ridondante, a tratti ridicola, un po’ facile.
La trama vede una baby gang di adolescenti alle prese con dei furti nelle più ricche e sontuose ville di Los Angeles, compresa la vera casa di Paris Hilton. Il ritmo movimentato ma poco allettante ci conduce, alla fine, verso l'unico momento del film in cui succede qualcosa di differente. Ciò che spinge di più alla visione è la sola curiosità di poter sbirciare nei salotti deserti delle case immense, come castelli incantati dal lusso e dalla solitudine.
Gli attori son sembrati più incompetenti del previsto: nonostante le grandi aspettative  su Emma Watson, è stato impossibile per me prescindere dall’imbarazzo di fronte ad una recitazione talmente caricata, quasi di plastica. I bagliori e le scintille delle ville hollywoodiane sono state la sola ed unica valida cornice per una tela troppo povera che la Coppola non ha saputo addobbare. Le scelte musicali, invece, si sono rivelate coerenti con il tema, la narrazione e l'età dei protagonisti.

Un reportage fashion verité non riuscito ma assolutamente da guardare nonostante i difetti. 

venerdì 11 ottobre 2013

Dan Invited Hannah Over For Dinner

Un film di  Patrick T. Lo con Nika Mistruzzi e Ryan Fisher. Canada, 2012


Ispirato ad un episodio realmente accaduto nell'esperienza familiare del filmmaker Patrick T. Lo, il corto rappresenta un'intenzione terapeutica di esorcizzare un accadimento personale: una pratica molto diffusa tra i registi più o meno giovani, che apre sempre più il fare cinema indipendente all'autobiografia e rende le atmosfere delle storie continuamente più familiari, personali, ricche di sentimenti delicati da giudicare e talvolta comprendere.
Sono dieci minuti d'autore che raccontano la storia di Dan, il quale una sera, splendente nel suo sorriso, contro qualsiasi aspettativa, invita a cena a casa la fidanzata Hannah.
La vicenda è raccontata da una voice over british che traduce in parole i sentimenti di una giovane donna in balìa di se stessa. Le parole di Kevan Brighting (voce molto nota nel panorama cinematografico indipendente) suonano calde, profonde e descrivono situazioni bizzarre, accompagnate da piccole scene metaforiche d'intermezzo (fiori che sbocciano, pesci in un acquario, anelli di fidanzamento).

Gli stili principali di ripresa sono due e si alternano con classe: il primo è molto composto, dalla fotografia intensa, con immagini curate nei movimenti e nella scenografia d'interni non casuale. Il secondo è al contrario, più sporco e mosso ed è utilizzato durante le scene d'esterni. Queste ultime, girate secondo la pratica del guerrilla filmmaking nella metrò, in presenza di persone ignare d'esser riprese in video, sono più casuali e conservano un aspetto metropolitano che dà ossigeno all'intero cortometraggio. Nonostante siano poche rispetto alle scene in casa di lui o ai ricordi di lei da bambina, le riprese in strada o sotterranee riescono far respirare tutto il resto della narrazione, tanto ben eseguita tecnicamente da poter quasi risultare leggermente posticcia. Nel complesso, ne deriva un ensemble stilistico riuscito particolarmente bene.

Le scene nel metrò, girate a Toronto, in cui Hannah deve raggiungere casa di Dan, sono anche quelle in cui si dà un'immagine concreta ai suoi pensieri nonché alle piccole preoccupazioni quotidiane che la incupiscono: sono i primi minuti del film e sono fondamentali per cercare di capire cosa si nasconda dietro i suoi occhi di ghiaccio spaventati. Girato in digitale con una Panasonic AF100, questo film, rappresenta la strada migliore verso il lungometraggio ovviamente indipendente.

domenica 6 ottobre 2013

Roshambo by Free People


Ha più l'aspetto di un trailer, molto curato e ricco di scene più che di un vero e proprio cortometraggio. Poco recitata, è la storia di un incontro che così come avviene improvvisamente, altrettanto velocemente si dissolve, dolce parantesi tra i quartieri di Brooklyn.
Lui e lei  si incontrano. Un caffè insieme e le ore diventano giochi, effusioni e complici sospiri. Un pomeriggio, qualche mese, una giornata bohemien, tra cappelli, mazzi di fiori e bistrot americani: carta-sasso-forbice.
Una narrazione per immagini, quasi senza tempo, rende il corto (cortissimo, poco più di tre minuti) quasi un video, un piccolo reportage intimo e poetico, un ricordo sensuale, amore estivo abbandonato.
Al fianco di Jonathan Doe alla regia anche Guy Aroch, noto fotografo e stilista di moda israeliano trapiantato a New York.
La modella protagonista è la bellissima Sheila Marquez, in questo caso naturale bellezza romantica al fianco di Christopher Abbott, direttamente dal cast di Girls o di Hello I must be Going.
 Ma Roshambo non è solo un corto, è molto di più: ha anche due sequel ed è prodotto da Free People, il brand americano che veste la donna boho chic. E' dunque svelato l'arcano, lo storytelling particolare, l'indugio sugli eterei vestitini, gli accessori e le atmosfere evocate. Una strategia di marketing intelligente che fa della pubblicità qualcosa di artistico, con una storia da raccontare.
 Nel secondo cortometraggio, Roshambo Rock, troviamo Sheila nostalgica, persa con due amiche tra i colori di Rio, nel terzo, Roshambo Paper-scissors c'è Chris altrettanto malinconico a Parigi. Da immaginare uno in seguito all'altro, sono tre pezzi di un puzzle d'amore triste e al contempo intenso. “Chiamala, non è difficile”. Una bella storia che fa dimenticare il suo essere una vetrina fashion, e fa sognare. Romantici a Parigi.

domenica 29 settembre 2013

Casino Moon


E’ un cortometraggio scritto e diretto ancora dalla piccina Gia Coppola, interpretato dall’attrice cinese Zhang Jingchu e dal cugino Robert Schwartzman, attore e cantante, nonché cugino di Sofia Coppola, per la quale ha recitato ne Il Giardino delle Vergini Suicide. Suo fratello è ovviamente Jason Schwartzman visto ne Il treno per Darjeeling, ed ecco quindi che la famiglia più intricata d’America ricompone il suo puzzle.
Per il video della canzone di Schwartzman, All My Life, sono stati utilizzati degli estratti da questo cortometraggio così brillante ambientato tra le mille luci della notte a Las Vegas.
Gia Coppola, con il suo tocco romantico da lolita, racconta un piccolo incontro d’amore con affetto e delicatezza. Lo stile del corto è simile a quello di A Glimpse Inside the Mind of Charles Swan III diretto da zio Roman Coppola, c’è Las Vegas con i suoi mille peccati e le luci soffuse, ci sono strade notturne accoglienti e c’è il romanticismo di una fuga amorosa con il prendersi cura delle ferite dell’altro senza chiedere niente. Ottima interpretazione dei due attori. Belli da morire.

Un mondo a parte quello rappresentato nel film, con regole e ritmi propri, in cui in una sera ci si innamora, in cui non ci sono orari e si può ottenere tutto ciò che si desidera. Un mondo dei balocchi dell'anima, in cui i due cugini si promettono di rimanere sempre bambini, giocando insieme come da piccoli, sul set della propria vita.

 


 

giovedì 26 settembre 2013

What's Up?


E' un po' la fortuna e la tendenza dei nuovi filmmaker indipendenti americani: per iniziare a realizzare anche solo una piccola opera minimamente finanziata, collaborano con brand  e aziende fashion i quali sponsorizzando il loro lavoro, offrendo costumi e ottenendo pubblicità. Non sempre è questo il meccanismo, poiché le aziende possono chiedere a qualche artista emergente già affermato di reinterpretare il brand, ma il risultato è splendidamente il medesimo:  incentivare il nuovo cinema.
E' questo il caso anche per Gia Coppola, ventiseienne nipotina d'America, nuova leva uscita dalla famiglia Coppola, appena passata a Venezia 70 nella sezione Orizzonti con il suo lungometraggio d'esordio Palo Alto.
Una carriera iniziata come attrice in qualche film di Coppola Senior e il debutto dietro la macchina da presa.
Prima di Palo Alto, va da sé, ci sono stati diversi lavori, video e cortometraggi, visibili sul canale vimeo personale della giovanissima regista.
Senza dubbio, ad una breve sbirciata, si percepisce il tocco romantico e vintage di famiglia.

What's Up è un piccolo lavoro che racconta alcuni istanti di vita di un'adolescente che in cameretta si guarda intorno - dettagli di oggetti romantici, fotografie, cartoline, scritte sul muro, poster musicali e libri - e prova a sfogare i grandi dubbi di cuore dedicandosi a sé, provandosi abiti, saltando sul letto, investendo del tempo per se stessa e provando a convincersi d’esser fantastica.
La fotografia è molto accogliente ed è costituita da colori tenui e pastello, un po' retrò, un po' fashion, di certo non estranea a quelle atmosfere che zia Sofia da anni ritrae con incondizionata grazia.


Lo stesso stile lo si ritrova anche in Writer'sBlock, altro cortometraggio fashion che racconta una giovane eccentrica scrittrice alle prese con il panico da pagina bianca. Una narrazione veloce, senza fronzoli, quasi pubblicitaria e molto efficace. Ecco un ritratto d'artista contemporaneo, incalzato da una voice over divertente, che dà finalmente voce agli hipster fashionisti del nostro tempo.

Voi non amate queste piccole opere? Secondo me Racchiudono in sé le grandi speranze degli artisti, sono intrise di buono propositi e vanno premiate.

A prestissimo con un nuovo video girato ancora dalla fashionissima Gia!

sabato 21 settembre 2013

Best Friends



E' uno di quei piccoli film che non entrano mai nella filmografia ufficiale di una filmmaker ma che in qualche modo la arricchiscono in freschezza e leggiadria.
Scritto e diretto da Lena Dunham, Best Friends è un mokumentary girato per la stilista Rachel Antonoff. Un falso documentario d'autore che racconta le migliori amiche, quelle che vivono insieme e si confidano disavventure d'amore in un appartamento newyorkese davanti ad un brunch o a una tazza di caffè. Quelle che vanno in bagno insieme, vestono la collezione autunno-inverno della designer americana e sono raccontate dalla voice over di Adam Driver. La voce calda del tenebroso amato di Hannah Horvath in Girls, per quattro minuti, come fossero esemplari speciali da osservare con cura, ci spiega lo speciale fenomeno delle migliori amiche americane, conosciuto e praticato in tutto il mondo. Un'influenza Woody Alleniana, alla Zelig, rende l'intero racconto semplicemente delizioso: un fashion film che sa svestirsi dell'inutile pubblicità che potrebbe fare bensì veste le sue attrici con discrezione, sicuramente in modo più efficace.
Un corto in famiglia, in pieno stile DIY, poiché una delle due protagoniste è interpretata dalla simpatica sorella della regista, Grace Dunham (gia comparsa in Tiny Furniture) mentre la stilista per cui è stato girato il corto sarebbe la cognata stessa di Lena Dunham, fidanzata con il fratello chitarrista Jack Antonoff.


Quando essere registi indipendenti ti permette realmente di tenere in mano una videocamera e sperimentare

domenica 15 settembre 2013

Starlet

E' stato presentato al South by Southwest (SXSW) film festival nel 2012 per poi essere proiettato in anteprima a Locarno. Diretto dal regista indipendente Sean S. Baker è interpretato da Besedka Johnson e Dree Hemingway, nipote del celebre scrittore già apparsa in un piccolo ruolo in Un giorno questo dolore ti sarà utile.

Dree Hemingway è Jane, giovanissima aspirante modella appoggiata in una stanza in affitto presso casa di sedicenti amici del settore. Per ravvivare la stanza e renderla maggiormente accogliente, la ragazza deicide di arredarla a suo gusto comprando piccoli accessori e mobilia usata proveniente da quei poetici mercatini privati nei giardini americani. Quelli così pieni di storie da raccontare e oggetti da scoprire, di Carveriana ispirazione, come ad essere immersi in “Perché non ballate”, uno dei racconti più belli mai scritti da cotanto genio della letteratura d'oltreoceano. E' in uno dei giardini in cui si ferma Jane, che incontra Sadie, un'anziana signora silenziosa interpretata da Besedka Johnson, scelta nel cast per caso dopo essere stata notata da uno dei produttori esecutivi. Con il sogno fin da adolescente di diventare attrice, Besedka Johnson ha potuto realizzare il suo grande desiderio a 85 anni, poco prima della triste scomparsa avvenuta proprio lo scorso Aprile.

Che dire, uno dei film indipendenti americani più ricchi, suggestivi e interessanti degli ultimi anni. Un'opera che possiede una carica emotiva potente, non annoia e produce continui stimoli. E' impressionante la varietà tematica ed emozionale della narrazione, con dei colpi di scena che come bandierine da viaggio, segnano i punti salienti di una storia che procede senza peso, fino alla fine. Un leggero suspense tiene lo spettatore sempre all'erta, poiché egli sa più di quanto alcuni personaggi siano tenuti a sapere ed è dunque investito della tipica responsabilità narrativa dei film misteriosi.
L'andamento complessivo potrebbe sembrare apparentemente prevedibile, ma essendo abilmente vestito di particolari inusuali e recitato da attori splendidamente in grado di incarnare complessità psicologiche di una certa qual fattura, non è assolutamente possibile parlare di trama piatta o banale.
Sono gli attori che donano tridimensionalità alla trama già di per sé interessante, proseguendo su una strada stilisticamente indipendente che non vuole strafare e sfrutta al meglio le sue grandi possibilità. Una bella sorpresa senza eguali che racconta le cose belle delle anime che si vogliono fare compagnia.

Il tema dell'arricchimento economico si fa quasi metafora spirituale, poiché sortisce effetti positivi nelle vite di entrambe le protagoniste e quindi inizia a rappresentare arricchimento emotivo, di cuori ed emozioni. La mossa vincente all'interno di una storia così ricca di particolari, è stata quella di aver posto sullo sfondo la questione sessuale, relativa al lavoro che fa Jane (saltuaria attrice porno, hostess e accompagnatrice), quasi come mera informazione di servizio data per assodata, persino scontata. Solo grazie a tale scelta si è potuta approfondire in modo efficace e senza forzature, la psicologia di lei, giovane modella confusa dall'animo rock e un po' romantico.


Che dire delle ambientazioni? Il film è girato interamente in una Los Angeles completamente differente da quella che ci si potrebbe immaginare. Locations da sogno, giardini fioriti, strade al tramonto e parchi di riposo poetici donano alle riprese quell'atmosfera residenziale americana che non sempre viene resa con così tanta poesia. La tenerezza assoluta è riservata al cucciolo che dà il nome al film stesso, il cagnolino adorabile che Jane porta con sé in ogni dove, cane reale del regista.

Poesia pura! Guardatelo e non ve ne pentirete!!

sabato 7 settembre 2013

(500) Days of Summer

Un film di Marc Webb con Joseph-Gordon Levitt e Zooey Deschanel. USA, 2009

Esce dal Sundance Film Festival ed è l'opera prima di Marc Webb, celebre regista di videoclip musicali che nel 2009 ha provato a dirigere il suo primo lungometraggio di finzione riscuotendo un ottimo successo.
Ovviamente storpiato in italiano, il titolo (500) Giorni Insieme perde il gioco di parole e d'amore della versione originale (500) Days of Summer, là dove Summer, oltre a rappresentare l'estate (dei sensi e dei cuori), è soprattutto il nome della protagonista interpretata da Zooey Deschanel che in italiano viene chiamata Sole.
I protagonisti sono proprio lei (American Sunshine) e Tom, interpretato da Joseph Gordon Levitt, la cui storia d'amore ci viene descritta a frammenti, nell'arco di cinquecento giorni più o meno sereni che cambieranno le loro vite. I titoli di testa del film, composti in stile filmini amatoriali di famiglia vintage, ci presentano i due protagonisti da piccoli, mentre appena inizia il film, una voice over, racconta i due personaggi facendone un simpatico ritratto in stile francese. Lo stile registico del film, essendo molto frammentario e non lineare, si può dire che sia altamente influenzato dall'attività principale del regista e dunque dallo stile dei videoclip musicali che dirige con maestrìa.

(500) Days of Summer è un manifesto di cinema postmoderno godibile grazie anche alle numerose citazioni cinematografiche e artistiche in generale, divertenti da scovare per l'intera durata del film che scorre senza intoppi, con disinvoltura senza nessuno scivolone. Inserti particolari quali la scena del balletto, ispirata al genere del musical classico, o altre scene rielaborate digitalmente sono un ulteriore fonte di arricchimento per il film, nonostante talvolta quasi interrompano quella fluidità narrativa tanto piacevole.
Il film non si siede mai su se stesso, neanche nella scena del treno, romantica e d'impatto, anche a livello fotografico, in cui i due si incontrano riportando alla luce il ricordo di quel treno per Vienna di Before Sunrise.

Un esercizio d'autore ben riuscito, ricco di riferimenti al cinema classico, francese, indipendente, poetici e stimolanti, ancor più apprezzabili grazie ad una colonna sonora, e sarebbe stato anormale il contrario, a dir poco esaltante che comprende anche uno dei pezzi della stessa Deschanel.
Senza dubbio, sceneggiatori e regista si sono dimostrati molto abili nell'aver saputo giocare con i guai sentimentali di ognuno di noi e nonostante la storia sia raccontata dal punto di vista di lui, sullo schermo emergono la difficoltà e il disagio non solo di colui che ama incondizionatamente ma anche di chi, senza una colpa, non può o non riesce a ricambiare.


Da vedere assolutamente in versione originale!

500 Days of Summer: It is the first feature film directed by Marc Webb. This film is played by two very great actors and their love story is so sweety! In the opening credits of the film, shot as vintage home movies, there are the two main characters as children and then a voice over begins to tell us their life. Being very fragmented and non-linear, the directorial style of the film, is very influenced by past work of the director. A very funny film thanks to the many movie references to chase for the entire duration of the film flowing smoothly. Writers and director have been very skillful in having been able to play with the sentimental trouble of everyone: although the story is told from Tom's point of view, both members of a couple are well represented.