lunedì 15 dicembre 2014

4 Film d'autore sotto l'albero

Eccovi i miei film d'autore sotto l'albero...Lasciatevi sorprendere da quattro opere fatte…ad arte!

Shirley, vision of reality

Vi siete mai persi nel mondo silenzioso di un quadro di Edward Hopper? Se conoscete l’artista, concorderete sulla magica presenza di un chiaro (anche se non necessariamente esplicito o voluto) richiamo cinematografico all’interno di ogni suo capolavoro. E la solitudine, i drammi, le storie dei suoi personaggi, mai nessuno aveva provato ad animarli… Gustav Deutsch, documentarista austriaco classe ’52, con questo film sperimentale ha dato vita ad un gioiellino che toglie il fiato. Tredici quadri e la storia di una donna. Direttamente dalla 63° edizione del Festival di Berlino ecco un’opera da cercare e in cui perdersi in un pomeriggio di Natale da sublimare. 

Les Bonnie & Clyde de l'Art

Avete mai sognato di entrare nella testa di un artista? Ecco il viaggio a cui sarete destinati guardando questo documentario girato da Anne Julien e Louise Faure, sulla vita e l’arte della scultrice e pittrice Niki De Saint Phalle. Un’artista rivoluzionaria che ha fatto della propria opera, un mezzo di sopravvivenza in una società da cui si sentiva violentata. Un fucile a colori e giganti sculture di Nanas magnifiche, a celebrare la grandezza della donna e dell’arte. Provocatrice, intellettuale, femminista e ricercata: per chi è ancora convinto che l’arte sia da salvare.

Scopri gli ultimi due film su Viviconstile.it 


domenica 9 novembre 2014

Stupeurs et Tremblements



Amélie Nothomb la si odia o la sia ama. Chi la ama, succede che guarda anche i film tratti dai suoi libri, fosse solo per entrare un poco ancora nel suo mondo incantato, cinico, sarcastico e ingenuo allo stesso tempo.

Nel 2003 esce il film francese Stupeurs et Tremblements del regista Alain Corneau. E si tratta di un bel film: la storia è quella raccontata nell’omonimo libro, la sceneggiatura è curata anche dalla stessa scrittrice e i personaggi, immersi nelle loro atmosfere ovattate, talvolta surreali, danno un volto che non delude ai protagonisti del romanzo.

Siamo in una multinazionale giapponese. Amélie, giovane ragazza belga dall’aria sognante e irriverente, è riuscita a farsi assumere coronando il suo grande sogno di tornare in Giappone, splendida terra natale che fin da bambina non aveva più dimenticato. E’ così che inizia la sua avventura, al fianco di una responsabile crudele, bella e silenziosa come una tempesta di neve.

L’attrice principale Sylvie Testud si cala a meraviglia in un ruolo non facile, che la vede dover fare i conti con tutto un immaginario che Amélie Nothomb ha creato intorno ai suoi personaggi, arricchito di libro in libro, complesso e duro da tradurre in immagini. 
Il film in generale ruota, dunque, attorno alle performances della Testud, unica vera speranza per la riuscita dell’opera: sono belle le scene in cui, in primissimo piano entriamo nei suoi pensieri, scrutiamo gli occhi increduli e cerchiamo di tradurre gli impercettibili movimenti della sua mimica facciale, è spettacolare la scena del ballo di notte, folle liberazione da ogni silenzio e umiliazione subiti, così come hanno un esito calmante le scene in cui bacia la città dall’alto giocando con la vita e le sue avversità.

E poi ci sono le diversità culturali, l'onore, i sentimenti visti da due mondi differenti che hanno in comune una sola cosa...la pioggia.

lunedì 27 ottobre 2014

Magic in the Moonlight






Woody Allen, jazz e giochi di magia   

E' tra i paesaggi di una Provenza dalle sfumature aranciate che Woody Allen ambienta la sua nuova comedy europea, un po' misteriosa e un po' magica, dalla fotografia filtrata, il sole fra i capelli e un humour a tratti spento.

Sarebbe più facile raccontare Magic in the Moonlight per esclusione, giocando a scoprire a quale film non assomigli, e allora si potrebbe dire che non è uno dei film-cartolina tipici dell'ultimo Woody, che non è un dramma dall'intrigo complicato, né un thriller sensuale.

Si tratta piuttosto di un'opera creata come da una fusione (non del tutto riuscita) delle tematiche preferite di Woody Allen, riproposte senza sprint all'interno di una trama troppo poco originale. Magic in the Moonlight  rappresenta l'ideale fusione tra il cinema classico di Woody Allen e quello più recente: convivono, non sempre bene amalgamate, un'idea di nostalgia unita alla semplicità delle sue ultime storie. 

Fanno l'occhiolino ai suoi film passati la magia, l'illusionismo e i giochi di prestigio (da sempre grandi passioni personali del regista), gli anni '20 e il jazz, elegante binomio diventato quasi un marchio di fabbrica, i quesiti sull'aldilà e il cinismo nei confronti della religione, della morte o dell'amore, corredato, come ai vecchi tempi, di citazioni filosofiche senza speranza.

Dalla sua cinematografia recente, invece, Woody Allen prende in prestito l'utilizzo di attori molto più conosciuti, le ambientazioni europee lontane dai quartieri di Brooklyn e Manhattan degli anni '70, una trama più lineare e uno stile meno nevrotico che inevitabilmente si fa anche più piatto e meno pungente. 

               
                    - I can't forgive you, only God can forgive you.
                    - But you said there is no God.
                    - Precisely my point.







martedì 7 ottobre 2014

St. Vincent | Bill Murray, Bob Dylan, walkman e giardini




E’ stata diffusa in rete da poco ma è già virale sul web: una poetica clip di Bill Murray che canticchia Bob Dylan con il walkman appeso al collo e immerso in un’atmosfera da film indipendente americano di quelli che senza neanche averli visti sai che ti faranno bene. Siamo in un giardino un po’ decadente “alla Bobby Long”… 

Clicca sul LINK per vedere la CLIP !

- St. Vincent sarà l’esordio al lungometraggio di Theodore Melfi, giovane sceneggiatore, regista e produttore indipendente americano (seguitelo su Twitter per aneddoti, foto, clip e curiosità sul film: @theodoremelfi)  

- Il film è stato presentato in anteprima mondiale al Toronto International Film Festival e si è classificato secondo per il premio People's Choice Award come Miglior Film dopo The Imitation Game di Morten Tyldum. Un occhiolino alle musiche che saranno di Theodore Shapiro
- Bill Murray interpreta un veterano di guerra alle prese con i nuovi vicini di casa, tra cui un ragazzino con il quale inizierà un'amicizia particolare presumibilmente stemperata dai suoi sguardi ironici, amorevoli, rassegnati o nostalgici...

- CAST: Melissa McCarthy, Naomi Watts, Chris O'Dowd, Terrence Howard, Jaeden Lieberher, Lenny Venito, Nate Corddry, Dario Barosso, Kimberly Quinn, Donna Mitchell, Ann Dowd, Scott Adsit, Reg E. Cathey, Deirdre O'Connell, Ray Iannicelli.

Guarda il Trailer!! 
 

mercoledì 25 giugno 2014

Casse-tête Chinois - Rompicapo a New York







I viaggi di Xavier: così il regista Cédric Klapisch ha chiamato la sua fortunata e cosmopolita trilogia che, dopo L’Appartamento spagnolo e Bambole Russe, trova il suo degno compimento in Casse-tête Chinois, Rompicapo a New York . Esce a dodici anni di distanza dal primo film della saga, la nuova avventura di Romain Duris:  Dopo Barcellona, Parigi, Mosca e Pietroburgo,  si vola nella Grande Mela, non necessariamente quella affollata di turisti e inquadrature spettacolari, bensì quella più folkloristica di una Chinatown colorata, pittoresca e immersa nella poesia di danze cinesi silenziose ed aggraziate.

Dalla generazione Erasmus alla generazione slackers: un protagonista in crisi ed in preda ad una vita complicata, ancora una volta, si barcamena tra famiglia, amici di vecchia data e un romanzo da ultimare. Ma cosa si cela dietro a questo complicato sistema di matrioske d’amore dal profumo complicato?

Klapisch torna a far viaggiare i suoi protagonisti ormai adulti facendoli approdare, come a chiudere un ciclo biografico-narrativo, là dove tutto ebbe inizio, dove lui stesso svolse i suoi studi di cinema e dove è sempre dolce ritornare. (In francese il regista direbbe di aver bouclé la boucle, di essere tornato al punto di partenza) ...

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lunedì 12 maggio 2014

Mademoiselle Kiki et les Montparnos



Miglior cortometraggio ai César 2014, Mademoiselle Kiki et les Montparnos è una piccola delizia in tredici minuti di considerevole trionfo artistico. E' un corto animato, una biografia girata da Amélie Harrault sulla vita di una delle prime donne libertine di Francia: Kiki de Montparnasse, all'anagrafe Alice Prin.

La superba qualità dei disegni iniziali cresce progressivamente nel corso della narrazione grazie ad un continuo mescolarsi sensuale di stili, ognuno relativo a quello dell'artista di cui si parla, che produce un tripudio di stimoli da cui lo spettatore viene investito e rapito.
Dalle linee continue e dai colli affusolati di Modigliani, si passa al tratto polacco di Kisling, all'arte di Foujita e al grafismo di Man Ray. Tutti uomini d'arte impegnati a restituire le sue forme alla materia, alla tela o alla pellicola. Sono di Kiki gli occhi di una delle foto più celebri di Man Ray come è sua la schiena ornata delle due celebri effe musicali che ha fatto il giro del mondo. E poi Henri Broca, il primo libro di Kiki, la prefazione di Hemingway e una vita dissoluta che la consegnerà per sempre alla storia.

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mercoledì 30 aprile 2014

Sevilla


Arriva dai Paesi Bassi un cortometraggio che colpisce dritto al cuore, firmato Bram Schouw. 

Un dramma magnifico girato in 16 mm e bagnato da un ultimo pianto liberatorio prima di voltare pagina, in ricordo di una vita precedente. Un omaggio a ciò che c'era e che fin dalle prime scene si intuisce che non c'è più. Un doppio road movie che rappresenta lo stesso viaggio fatto dagli stessi protagonisti due volte, e che scivola presto in un montaggio alternato dell'anima, fatto di ricordi e sorrisi amari.

Un Jules et Jim contemporaneo, che dalla magia della nouvelle vague di truffautiana memoria riprende lo stile sgangherato, la macchina a mano, le riprese ballerine e il romanticismo talvolta ambiguo ma sempre poetico di tre personaggi in viaggio; un viaggio verso se stessi, verso la scoperta, verso crèpes allo zucchero e foreste da correre.

Un'allusione alla Francia e al suo cinema ancora più diretta verso la fine, quando i protagonisti iniziano a parlare francese, l'atmosfera si fa tragica e quasi si percepisce il bianco e nero di quei film retrò mai dimenticati. E sembra di sentirli ridere in lontananza quei tre innamorati di Parigi che si rincorrono spensierati creando scompiglio. Farfalle nella testa, fiori e pugni nello stomaco.


E la malinconia delle sagome disegnate sui muri si scioglie sotto le note perlacee della struggente Nantes dei Beirut che raffredda gli amori e annuncia presagi. 
Ritornano il topos del ballo, il cinema indipendente e le immense citazioni che fanno sempre stare bene.

giovedì 27 marzo 2014

I Wanna Get Better - Lena Dunham


Et Voilà l'ultimo video che Lena Dunham ha girato per il compagno e relativa band (Bleachers). Un video che si colloca a metà tra il clip e il corto, in cui viene raccontata una piccola storia grazie ai volti e alle vite che si alternano su un divano o troppo vuoto o troppo pieno, in gran stile "lena", con semplicità, ironia e perché no un velo leggero di cinismo, quanto basta per non perdere l'attenzione e rivivere le vite dei suoi personaggi da piccolo schermo che si rianimano in nuovo corpi e nuovi dolori.

Una coppia bizzarra nella vita e nel lavoro che si schiude dalla tipica riservatezza di chi protegge la propria intimità, e si esprime senza remore.

domenica 16 marzo 2014

Jason & Jenny by Free People


Free People pubblica un nuovo piccolo corto che racconta la vera storia di fotografo e modella che si incontrano e dopo due anni si innamorano, sotto le note di due splendide canzoni dal classico mood boho del brand e uno stile romanticamente vintage. 
Tra riprese quadrate con grana da pellicola e dolci panorami contemporanei, ecco i corpi degli amanti che si incrociano senza lasciarsi più, in un romantico documentario d'amore che è una cartolina mandata da un posto magico, contemplato in silenzio sul tetto di una roulotte al tramonto.


lunedì 10 marzo 2014

Festival di Berlino: 3 film da non perdere


Si è svolta a febbraio la 64° edizione del Festival di Berlino, una delle manifestazioni internazionali più importanti relative al cinema di qualità proveniente da tutto il mondo, in ogni forma e genere. Tra tutte le opere straordinarie che hanno sfilato sugli schermi della Berlinale di quest’anno, eccone tre da non perdere assolutamente.

God Help the Girl di Stuart Murdoch

E’ un progetto musicale e sperimentale, nato dall’idea di Stuart Murdoch, leader scozzese del gruppo Belle and Sebastian che, avendo composto dei pezzi difficili da impiegare all’interno della propria discografia, ha deciso di investirli nella colonna sonora del suo film, comunque intimamente legato al concept-album a cui erano destinati. 
Un film musicale a tutti gli effetti dunque, nato da anni di lavoro da parte del regista e grazie ad una campagna di raccolta fondi fortunata.  Dopo la sua apparizione al Sundance Film Festival 2014 nella sezione “World Cinema Dramatic Competition”, ha fatto il giro del mondo approdando a Berlino, con la storia di Eve e della sua depressione tormentata. 
E se l’attesa si fa troppo estenuante, non esitate ad riascoltare la colonna sonora di Juno, perché è proprio nel 2007 che, mentre Murdoch cedeva alcuni dei suoi fantastici pezzi a Jason Reitman, vedeva la luce l’idea per il film che oggi attendiamo nelle sale.

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sabato 1 marzo 2014

Inside Llewyn Davis


Un uomo nel metrò, un gatto e una chitarra: è il Greenwich Village degli anni ’60. 
Un incessante vagabondare di note e storie da raccontare nel buio dei locali notturni in una New York dipinta da cantori tristi, senza letto e senza amori. E tra i padri del folk americano si leva il nome di Dave Van Ronk, alla cui vita si ispira quest’ultimo film dei fratelli Coen. 

Ed è una triste introspezione questo viaggio nel cuore di Llewyn Davis: un  giro amaro in una vita desolata e sofferente scandita da una colonna sonora che è una scintilla vivace che scalpita all’ombra di una fotografia blu notte e gelida, come un caffè ardente dopo aver camminato sulla neve. Oscar Isaac dà il volto alla solitudine del musicista che non si lascia scappare e ogni volta ritorna. Tornano i Coen delle storie intime, delle sceneggiature magistrali e delle sensibilità musicali. Tornano i visi segnati dalle illusioni,  e gli occhi socchiusi della sera.


Un cinema più maturo rispetto ai tempi di Lebowski, il drugo con il debole per i cowboy come concetto, che si è evoluto e oggi parla di un uomo senza qualità che, se nella vita è destinato al fallimento, riesce a fare dell’intero film, un’estatica esperienza sonora. Incantevoli corde sfiorate, malinconici banjos pizzicati e Inside Llewyn Davis è pronto per il suo pezzo finale, quello che avrebbe sancito l’inizio dell’immortale leggenda.

domenica 23 febbraio 2014

New York Loves TriBeCa


Una lettera d'amore in attesa del Tribeca Film Festival 2014. Un omaggio a uno dei quartieri più vivi di Manhattan visto attraverso gli occhi di chi non lo sa spiegare a parole, ma ne rende l'idea in immagini di vita incrociata.



lunedì 10 febbraio 2014

La Top5 delle Cine-Attese del Sundance


A gennaio si è tenuto il mitico festival dedicato al cinema indipendente che da ormai trentacinque anni renda Park City un vero e proprio luogo di fermento cinematografico, in cui giovani artisti da tutto il mondo trovano la possibilità di far circolare tutte quelle opere che altrimenti nessuno avrebbe la possibilità, la fortuna e l’onore di poter visionare. Ogni anno, tra documentari, commedie e film drammatici, vengono sottoposte all’occhio e al giudizio di pubblico e giuria tante pellicole (e non, vista la bella ed efficace invasione digitale) straordinarie e sperimentali, quelle che in Italia sono relegate nel silenzio ma che spesso trovano una voce all’interno di un panorama underground a volte conosciuto e frequentato da pochissimi appassionati. Tra tutti i film passati dal Sundance 2014, eccone cinque da non perdere!

Happy Christmas
E’ l’ultimo film di Joe Swamberg il regista indipendente di DrinkingBuddies che torna dietro la macchina da presa dirigendo la splendida Lena Dunham, per cui ha scritto un personaggio tutto da scoprire in una dramedy che ha letteralmente incantato il pubblico del festival. Sta arrivando Natale e la stabilità di una coppia di Chicago sta per essere turbata dalla sorella di lui, neo single complicata, e dall’amica Carson interpretata proprio dalla Dunham, intente a stravolgere e ricostruire gli equilibri di una famiglia divertente ed affiatata. Tra gli altri protagonisti compaiono anche il regista, Anna Kendrick e Mark Webber.


Hits
Girato da David Cross, attore conosciuto per Eternal Sunshine of the Spotless Mind e recentemente per Kill Your Darlings, Hits si preannuncia una black comedy da non perdere. Si tratta del debutto alla regia per l’attore che per l’occasione ha reclutato un cast d’eccezione, rigorosamente indie, in cui spicca senza dubbio Michael Cera, il piccolo e ingenuo Paulie di Juno, innovativo e all’avanguardia filmmaker indipendente nella vita. Un cameo per Cera, un grande esordio per Cross. La storia si concentra sulla celebrità nell’era dell’America 2.0, un’analisi sociale e contemporanea che farà di tale commedia indipendente quasi una guida filosofica e spirituale dell’era di Youtube.

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domenica 2 febbraio 2014

Her



Come sopravvivere alla storia di un amore possibile che tanto dolcemente nasce impalpabile e indissolubile e si perde nello spazio infinito tra le parole che tuonano e leggere risuonano senza lasciarsi toccare, in una vita che non appartiene al mondo fisico e che per questo esiste ancor più reale e imperfetta che mai? E alle belle partiture scritte sotto le note di un amore di parole che non si possono fotografare, solo immaginare?

Distanze inutili e implacabili si esprimono tra i complici corpi di plastica e le voci di velluto. La materia muore, eleva lo spirito e lo ferisce, attraverso una narrazione tagliata dalla colonna sonora che, senza tregua, cuce l'istante al tempo ,senza farlo scappare.

Un capolavoro da ascoltare attraverso la complessità di due personaggi in preda a emozioni incomprensibili, umane, urlanti in un mondo silenziosamente brulicante di voci confuse, sole, isolate, che finiscono per fare male.

Un piccolo miracolo che si avvera: uomo e macchina che si incontrano, carne e anime che si sfiorano, in un'unica canzone che è tutto il film, un ballo romantico sui tetti di una metropoli che ascolta senza parlare e non risponde. La denuncia più tragica e poetica dai tempi di Metropolis.

domenica 26 gennaio 2014

Crush


Dopo Roshambo, CastelloCavalcanti e Best Friends, un nuovo fashion short film approda sul web. Per la designer Rachel Antonoff, dopo Lena Dunham, si mette all’opera la regista Bianca Giaever.

Un piccolo documentario sulla storia d’amore dei genitori della designer, su come si sono conosciuti e su come si sono amati, raccontato tramite una danza speciale tra un’intervista sotto forma di voice over e delle immagini che la accompagnano, interpretandola non senza, talvolta, provocare un effetto piuttosto straniante. Anni ’70, costumi e scenografie da non perdere e leggerezza visuale piacevole, da centellinare senza fretta.

L’amore giovane, il ricordo e la nostalgia di una coppia contemporanea rivisitati dal tocco femminile di una giovane artista che ha fatto di questa estetica una cifra stilistica personale, fatta di immagini reali, vite ricostruite, voci off e mini video-ritratti poetici ed efficaci.


Sempre per rimanere in tema, nuovo piccolo video anche per Lena Dunham in occasione della cover febbraio di Vogue US. Ansia da notte pre-esame? Ballare per credere.

domenica 19 gennaio 2014

Dallas Buyers Club


Presentato al Toronto Film Festival e poi approdato a Roma, è l’ultima opera del canadese Jean Marc Vallée.
Un tragico ritratto del Texas degli anni ’80  e della malattia del secolo, quella che ha strappato la vita a tutte le anime invisibili fluttuanti e nascoste tra le tende di una camera d’ospedale, la droga, e le speranze infrante. Un racconto struggente e delicato ispirato ad una storia vera che non perdona: un’amicizia romantica e cumuli di dolore al velluto.

Matthew McConaughey e Jared Leto legati indissolubilmente da una commovente simbiosi energica di sguardi, sangue e parole, irripetibile.  Voci rotte da pianti disumani e lotte contro una consapevolezza crudele che acceca l’illusione. Sorrisi. I soli due sorrisi che illuminano gli occhi di Ron, nel corso di tutto il film, sono i due gioielli che ne valgono la visione: dicono quello che non si dice, parlano di rabbia e d’amore.

Grande sceneggiatura, grandi ideali, grandi personaggi: splendidi corpi come scheletri animati dalla morte che li tiene in piedi e li fa dondolare, sacri come l’innocenza e l’arrendevole rassegnazione. E poi colori. Ovunque. Calze a rete e rossetti rovinati, poiché si sa, una storia non si racconta da sola, e se si racconta bene, il colore sbava.

domenica 12 gennaio 2014

Searching for Sugar Man


Presentato al Sundance Film Festival nel 2012, è il debutto dietro la macchina da presa di Malik Bendjelloul.

Come mettere in immagini e parole tanta bellezza musicale? Searching for Sugar Man è un ritratto speciale, quello di Sixto Rodriguez, un musicista folk misterioso americano d’origini messicane che, dopo due dischi e un tragico fallimento commerciale, si ritira dalla scena ignaro dell’enorme successo che di lì a poco, nel caldo Sudafrica dell’apartheid, avrebbe riscosso senza eguali, arrivando a superare nomi al tempo ben più noti come quelli di Bob Dylan, dei Beatles o dei Rolling Stones.

Il poeta dei quartieri poveri veniva chiamato, di quei quartieri ricchi di storie, spiriti vagabondi, miseria e musica. Un volto sconosciuto, percepito e immaginato solo attraverso le copertine di quei vinili che tutti custodivano gelosamente e dai quali venivano graffiate via le canzoni proibite, che non hanno mai smesso di far sognare. E’ stato lui Sugar Man, l’uomo dai mille nomi, l’ispirazione segreta alle prime rivoluzioni contro l’apartheid, uno stimolo censurato che ha saputo cogliere i suoi sacri frutti.

E’ grazie alla sua misteriosa sparizione dalla scena che un giornalista e un fan sudafricani iniziano il loro viaggio alla ricerca di un artista dato ormai per perduto, del quale si narravano epiche leggende, racconti di fantastici suicidi e oscuri dissolvimenti sotto le note di una chitarra disperata.

La prima metà del documentario crea quel mito che nella seconda metà prende vita e si incarna nel corpo di un poeta inconsapevole, dalla dolorante potenza e dagli occhi di fuoco, ritratto dallo stupore ammirato di chi parla di lui con in bocca una tale meraviglia, di quelle riservate sollo all’asceta.

Lo stile vintage al sapore di una super 8 che, per problemi di costi, è stata sostituita felicemente da un IPhone e un’applicazione piuttosto riuscita, ci trascina in riva al mondo, a bere un tramonto perduto tra le coste di due continenti obliati.

mercoledì 1 gennaio 2014

My Blueberry Nights

“Il mio gettone sarebbe la tua torta di mirtilli”

Nominato per la Palma d’Oro 2007 a Cannes, il capolavoro di Wong Kar Wai, nonché primo film americano del regista, è una di quelle opere belle che rendono tutto più armonioso, onesto e sognante. Un gioiello dall’involucro e dal contenuto perfettamente in simbiosi.

Una lunga corrispondenza romantica, attraverso l’America, si incrocia a storie, personaggi e vite vere, tragicamente reali, malinconiche e delicate. Destini difficili e disillusi che si incontrano per respirarsi, assaggiarsi e poi lasciarsi.
La poesia dei personaggi invade le loro intenzioni, le esitazioni e i piccoli atti di coraggio che producono le grandi cose. New York – Memphis – Las Vegas, e l’atmosfera nostalgica dei locali notturni avvolti dalle loro luci suffuse, molteplici solitudini e musiche blues.

La colonna sonora, grande star e dolce compagna di ogni protagonista, è firmata tra gli altri da Norah Jones, protagonista del film, al suo debutto sul grande schermo e Cat Power, già autrice di molte colonne sonore (Io sono qui, Juno, L’amore Giovane…) e presente nel film in una piccola parte.
Le ottime interpretazioni si risolvono attraverso le voci, i volti e i corpi di protagonisti inquieti a cui parlano gli occhi, che si accarezzano vicendevolmente senza farsi male. Jude Law interpreta il gestore di un intimo ristorante di New York, guardiano di un’ampolla di storie, chiavi e torte mai mangiate. Arnie, il personaggio più interessante, è interpretato da David Strathairn, nei panni del re dei gettoni bianchi, disperato innamorato, piaga dolorante e confidente speciale di Elizabeth. Poi Natalie Portman, Rachel Weisz.

Le belle scenografie e la sceneggiatura leggera e scarna, riempiono le immagini completandole e donando loro un sapore sensuale. Movimenti di macchina come musica attraverso vetrate colorate dal buio che risiede in fondo alla speranza.