venerdì 5 aprile 2013

American Sunshine

Un film di Martin Hynes con Lou Taylor Pucci, Zooey Deschanel. USA, 2007.

Sorvolando sull'allusivo titolo italiano comunque piacevole nella sua musicalità, The Go-Getter è un road movie indipendente presentato per la prima volta nel 2007 al Sundance Film Festival.

Eugene, Oregon. Due voci over parlano al telefono: “L'hai mai fatto prima?” dice lei, “Cosa, rubare un'auto?” risponde insicuro lui.

Mercer ha diciannove anni, le ceneri in borsa di una madre deceduta da nove mesi ed un fratellastro in giro per l'America da recuperare per fargli pervenire l'infausta notizia.
E' così che, squattrinato e solo, decide di rubare un'auto da un autolavaggio ed incamminarsi per andare a conoscere Arlen, di diciotto anni più grande di lui in fuga da polizia e pessime compagnie. Felon-Nevada. Sacramento, Los Angeles-California. Ensenada-Mexico: inizia il viaggio on the road, ascoltando audio libri western ed indipendenti brani d'autore, tra suggestivi tramonti d'America e deserte strade assolate, fino a che Mercer non riceve una chiamata. E' la proprietaria dell'auto: una bella voce simpatica ed amichevole la quale avanza presto una bizzarra proposta...
Da qui si entra nel vivo del film che vedrà il protagonista venire a contatto con pittoreschi ed eccentrici personaggi quasi provenienti da epoche differenti, come usciti da macchine del tempo un po' sballate: ex hippie stralunati o ragazzine ninfomani e drogate, ma sarà solo quando magicamente verrà scovato personalmente dalla misteriosa voce con cui, nel corso delle telefonate ha stretto un'intima amicizia, che il suo viaggio comincerà a girare veramente.
Un film tecnicamente movimentato: girato quasi interamente con camera a mano/spalla, vanta una spontaneità nei movimenti di macchina atipica ed affascinante. Panoramiche a schiaffo, bruschi avvicinamenti della camera ai protagonisti, riprese da punti di vista nuovi ed efficaci nonché inusuali contre-plongée sognanti, rendono il film quasi un esercizio dall'estetica sperimentale che non si serve però della sola tecnica per raccontare una storia bensì si avvale anche del sentimento.
Un sentimento quasi mai reso volgarmente esplicito a parole ma sempre suggerito da micro-gesti carezzevoli percepibili lievi ed eterei, accompagnati dai silenzi pieni dei personaggi che amabilmente comunicano attraverso i fremiti dei propri corpi.


Una tendenza sperimentale investe anche la narrazione: il romantico road movie si fonde e confonde insieme ad onirici balletti francesi e fantascientifiche sparizioni di corpi sulla spiaggia.
Affascinante anche l'uso studiato del flashback mai noioso, ottimo espediente per raccontare il background del protagonista riportando il suo passato in vita solo all'occorrenza, nei momenti di maggior contatto con il suo presente evitando lunghe digressioni e mantenendo vivo e frizzante il ritmo narrativo.
Un viaggio alla scoperta di un mondo altro, lontano dalle campane di vetro sotto cui “non farsi rubare il cappello”, alla volta di nuove consapevolezze, smentendone una in particolare, quella secondo cui si dice che, nella vita, più si lascia meno si perde.
Neanche a dirlo, una colonna sonora degna di un road movie: brani di Elliott Smith, The Black Keys e soprattutto Matthew Ward. Un film da ascoltare!


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