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martedì 21 giugno 2016

Lolo | La commedia sofisticata di Julie Delpy




Donne quarantenni: single in vacanza, manager in città. E quando la conquista del weekend diventa qualcosa di più? Guardate LOLO!


Siamo in un film di e con Julie Delpy (Violette), certo sempre gradevole grazie alla sua presenza e al suo tocco riconoscibile, ma comunque un po’ stiracchiato. 
Un omaggio alla commedia sofisticata degli anni 30-40. 


La cosiddetta commedia degli equivoci, arricchita di gag, citazioni (un occhiolino alla cinematografia nostrana e a The dreamers di Bertolucci) e vecchie musiche da film. 


E di sophisticated comedy qui ce n’è parecchia: ci sono gli esponenti della borghesia, ci sono le differenze tra diverse classi sociali, ci sono dialoghi brillanti (la specialità della Delpy, con battute che richiamano l’umorismo Alleniano) e infine le continue gag che in questo caso purtroppo diventano addirittura eccessive. 


I tre personaggi principali sono molto forti a discapito dei secondari, nonostante sia proprio uno di questi ultimi ad avere il ruolo di deus ex machina, di potenza salvifica che tutto arrangia e tutto svela, anche quell’arcano che la Delpy tira un po’ troppo per le lunghe. 


Stile vintage e tono contemporaneo per ciò che concerne dialoghi e tematiche, tra le quali figurano il complesso di Edipo, il bullismo, l’happening artistico e il topos della donna quarantenne artistoide, nevrotica e irrimediabilmente single, da sempre riproposto con successo dall'autrice.



Per chi si diverte a trovare riferimenti cinematografici e culturali nei film (così come ovunque)...altra citazione nella locandina/titolo.

Se stai pensando alla Lolita di Kubrick non sei per niente fuori tema ;)



Approfondisci la carriera di Julie Delpy QUI e QUI

domenica 1 maggio 2016

Ritals | La web serie che racconta due italiani a Parigi


Due italiani a Parigi: due Ritals, direbbero i francesi (in modo scherzoso eeeh!).

Oggi RITALS è anche una web serie made in Paris, girata da quattro italiani espatriati che, tra risate e dialoghi brillanti, incarnano e giocano con gli stereotipi dei nostri tempi.

Come ci vedono i francesi? Com’è la vera a vita a Parigi per un expat? Quali sono quelle piccole situazioni quotidiane un po’ surreali che capitano quando si vive in un altro paese?

Una serie molto ironica e vera che fa incontrare/scontrare la simpatia “romanaccia” del tipico italiano all’estero con quello charme francese che ti conquista fin dal primo episodio. Risate assicurate!

Rigorosamente da vedere con amici parigini al seguito ;)

(Sottotitoli in francese!)


LINK YOUTUBE: RITALS la web serie

giovedì 3 dicembre 2015

11 donne a Parigi - Sous les jupes des filles




In uscita nelle sale italiane, 11 donne a Parigi è una commedia francese a dir poco folgorante. 
La stampa transalpina l’avrà mal presa, ma questo debutto alla regia dell’attrice Audrey Dana è innegabilmente divertente, talvolta al limite del trash (chic ovviamente, siamo a Parigi) ma veramente spassoso.

11 donne a Parigi: undici donne uguali e diverse, nevrotiche e piacevolmente imperfette le cui storie, senza cadere eccessivamente nello stereotipo, si attorcigliano senza nodi, senza intoppi.

Tra i tanti nomi, si citano Vanessa Paradis nei panni di una capa un po’ sclerotica, acidella e irrimediabilmente sola, Laetita Casta nei panni di una donna affetta da “emotività intestinale” e Alice Taglioni già vista in Paris-Manhattan di Sophie Lellouche. 

Un esercito di femmine vere, reali e spesso sconvenienti, ma pronte a reagire ed investire lo spettatore con una simpatia un po’ sguaiata e uno humour  francese brillantemente spudorato.

Il ritmo è incalzante, Parigi balla in punta di piedi, e i più romantici saranno accontentati: amore, lacrime, bollicine e arcobaleni anche quando non piove!

lunedì 4 marzo 2013

2 Days in New York

Un film di Julie Delpy con Julie Delpy, Chris Rock. Francia, Germania, 2012

E' stata presentata al Sundance 2012 e non ha ancora una data d'uscita in Italia: una nuova vibrante e brillante commedia politicamente scorretta diretta dall'attrice regista francese Delpy, naturalizzata americana, che dona al film quella giusta aura poetica europea unita alla comicità esilarante della comedy d'oltreoceano.

Sono passati cinque anni, è tornata a New York, ha un figlio ed un nuovo fidanzato. L'ombroso e paranoico Jack con cui sembrava si fosse riconciliata alla fine di "2 Days in Paris" è uscito di scena, così come le lunghe passeggiate di chiacchiere dai colori europei e i discorsi su quel nulla divertente e satirico che avevano divertito tanto il pubblico francese (fatta eccezione per qualche critico d'estrema destra che aveva definito il film ancor peggiore di Borat).
Un sequel coraggioso che non si trascina dal primo film solo per piacere bensì si ricrea facendo rivivere  al microcosmo di personaggi già conosciuti, ma profondamente cambiati, o comunque estremizzati ognuno nella loro principale peculiarità caratteriale, una nuova avventura politically scorrect. 

C'è una novità però, ed è il nuovo uomo di Marion, Mingus: divertente hipster afro-americano con un nome dalla facile e volgare rima che cognata e fidanzato non mancheranno di ricordare, lavora in radio, scrive per The Voice e si trova a dover eroicamente fronteggiare la famiglia di lei in visita per due giorni. Una famiglia eccentrica e confusionaria che inevitabilmente porterà scompiglio all'interno dell'idilliaco equilibrio della loro casa in cui, mai soli, vivono anche i due rispettivi pargoletti nati da precedenti tormentate relazioni.

Lei è diventata una mamma zen completamente cambiata rispetto agli agitati discorsi amorosi sulla Senna del film precedente, con un figlio cui badare e condomini agguerriti a cui, per quieto vivere, spudoratamente mentire. Ed il santo uomo che la affianca, dalle espressioni da macchietta, ironicamente e volontariamente estraniato da un contesto così grottesco nel quale viene trascinato, sembra essere l'unica persona razionalmente sana in grado di mantenere le fila di una famiglia tanto sgangherata, fatta da un padre (il vero padre della regista) ninfomane e dalle abitudini poco ortodosse e una sorella fidanzata ma avvezza al flirt facile, tutti impegnati a mettersi nei guai cogliendo l'occasione di una due giorni fuori porta lontana dalle responsabilità (?) della vita quotidiana.

Anche a New York i giochi di parole e la comedy degli equivoci trovano la loro più piena espressione grazie alla sceneggiatura bilingue che scoppia quando le lingue si incontrano e scontrano creando non pochi spassosi siparietti.
Un nuovo piccolo gioiellino diretto dalla Delpy che ancora una volta gioca sul contrasto culturale e sui cliché, sfatandoli o esagerandoli, immersa nella frenesia delle relazioni trans-culturali in cui non tanto la diversità bensì la bizzarra follia (che non ha paese), la fa da padrone.

domenica 3 marzo 2013

2 Days in Paris


Un film di July Delpy con Julie Delpy, Adam Goldberg. Francia, Germania, 2007.

Lei è una splendida donna indipendente ed emancipata dai tanti amanti passati che ritornano in discorsi verbosi e coinvolgenti come quei film chiacchieroni di Linklater di cui lei stessa è protagonista.

Pare che in Francia si faccia così, a detta della bionda ed intellettuale Marion (Julie Delpy): si hanno rapporti non meglio identificati con poeti affascinanti scrittori, e subito dopo si rimane amici, come a non osar rompere l'attraente tensione sensuale tra le anime di cui si nutre il mondo.
Parla di filosofia ed arte con il suo attuale e paranoico fidanzato americano Jack, un po' Kerouac un po' Nicholson, non esente, anche lui, dalla nevrosi metropolitana: scongiurando tragici attacchi terroristici e provando a non pensare al passato vivace della compagna, fa sfoggio di curiose psicomanie anch'esse perdute nei solari quartieri bohémien di Parigi ed impazienti di ritrovare la loro malsana regolarità in una New York più sicura.
Lui le scatta foto nel mezzo di affascinanti ed antichi set cinematografici d'essai in cui lei gioca a fare Marlon Brando, passeggiano discorrendo amabilmente sui massimi sistemi mentre nel fast food in cui Jack spera di trovare ristoro “una fatina gay scesa dal cielo come un vegetariano schizofrenico” dà fuoco al locale.
Due giorni impegnativi per un americano in crisi a Parigi e mentre a casa lui non sa decidere quali occhiali lo faranno assomigliare di più a Godard, lei vuole fare l'amore.
Un film che è una passeggiata divertente ed illuminante attraverso una città protagonista che tenta di distruggere i suoi sprovveduti avventori nonché le loro relazioni sessualmente spregiudicate e costellate di buone intenzioni.
Le relazioni complicate sono la materia più interessante per romantiche commedie di dialogo dal risvolto anche cupo che reca in sé i dolori degli amanti che tanto si vogliono quanto si respingono.
Ed è nell'ultima scena che è racchiuso il segreto del cuore: nell'ultimo ciak, come un ultimo tango, si consumano le storie d'amore che un'ora son folli e subito dopo son nulla.

Julie Delpy, autrice, regista ed interprete del film, impone il suo sguardo sul mondo così innocente e incantevole che i suoi personaggi, quasi autobiograficamente inventati, diventano una proiezione di lei raccolta in riflessione, al fianco di uomini sempre più irrisolti, fragili ed innamorati.
Un cinema ispirato ai grandi maestri della commedia più delicata, dalla finezza sopraffina tra cui, oltre a Woody Allen, spicca l'Eric Rohmer delle quattro stagioni, autore francese tra i massimi esponenti della Nouvelle vague di cui, per tutta la carriera, è rimasto fedele cantore. Tra l'estrema comicità dell'uno e il dramma, la profondità esistenziale dell'altro, la Delpy si pone nel virtuoso mezzo in cui sapientemente mixa al punto giusto umorismo e sarcasmo con ironica sensibilità, tra la tagliente satira socio-politica e l'indagine sui clichè francesi ed americani.
La sua voce narrante e le riprese movimentate e i pochi tagli nei dialoghi danno un ritmo inconfondibile alla storia che, se molti hanno paragonato alla saga di Linklater, Julie Delpy precisa: “...è più una commedia, sono due stili cinematografici diversi: Prima dell'alba e Prima del Tramonto sono due film romantici”.
Ancora una volta un'attrice straordinaria (imperdibili le sue interpretazioni nei Tre colori Film blu, Film Bianco, Film Rosso di Kieslowski ed in generale tutta la sua carriera d'autore) dimostra un talento registico da sostenere con forza e che ci conduce all'attesissimo sequel presto in recensione.

Ciliegine

Un film di Laura Morante con Laura Morante, Pascal Elbé. Francia, 2012

E' l'esordio alla regia che ci si aspettava da colei che ha reso se stessa, ottima attrice mai scontata, una vera e propria icona nel panorama del cinema italiano e francese: Laura Morante. Un'icona molto amata ma mai onnipresente, timidamente riservata e raccolta, oculata nelle proprie scelte di carriera e arricchita nel talento da tante collaborazioni con i più grandi nomi del cinema contemporaneo.

Ha detto di essersi ispirata all'ironia di Woody Allen per il suo debutto dietro alla macchina da presa e come lui, ha giocato con il proprio personaggio un po' buffo e un po' intellettuale per confezionare una romantica comedy dal piglio francese.

Non si parla di mirtilli ma di ciliegine: sono il frutto più buono dal fiore candido e sensuale ma nonostante la loro intrinseca dolcezza possono diventare un vero problema se la superficialità degli uomini al cospetto di donne intelligenti ed esigenti si fa grave ed insopportabile colpa da espiare. 
Quando la donna in questione poi risponde al nome d'Amanda, il problema potrebbe farsi insormontabile.
E' la stessa regista ad auto-dirigersi in un ruolo dalla simpatia contagiosa che la porta ad indossare i panni di una fragile e nevrotica creatura, spudoratamente romantica dall'ironia pungente, bisognosa d'attenzione ma allo stesso tempo sfuggente ed androfobica.
E come il Woody single e disperato di molti suoi spassosi film, anche Amanda si rimette alla coppia di amici fidati impegnati nel non facile ruolo d'improbabili cupidi.
Si indaga il mistero che sussiste inesplorato ed irrisolto tra i due vecchi ed opposti mondi che incontrandosi, fin dalla notte dei tempi, generano tanto chiasso senza mai trovare la pace agognata.
Il flebile confine tra commedia ed amara realtà è il vero punto di forza di un film romantico anche nei colori, nelle ambientazioni, nei concerti, nella pioggia parigina e nei bistrot della sera. I dialoghi rivelatori sono il motore della sottile bellezza dell'opera, delicati e mai banali, divertenti, appartenenti ad adulti ancora bambini, alla ricerca di un'insperata felicità, come i protagonisti di un romanzo di formazione.
Una bella scelta quelladi Laura Morante che da attrice ha reinventato la propria necessità narrativa così come in precedenza hanno fatto i maestri che fin dagli inizi l'hanno iniziata alla carriera d'autore che si è poi costruita, primo tra tutti il Nanni Moretti di Sogni D'oro, Bianca e La stanza del figlio, anche lui da sempre impegnato nella recitazione, direzione e produzione delle proprie opere filmiche.
Dunque una necessità autoriale che prima o poi accade, quella di una regista dimostratasi capace di dirigere i tanto adulati esseri speciali, facitori di miracoli, che son per lei gli attori, nonostante difficoltà produttive che hanno reso una scelta quasi obbligata (la co-produzione italiana prevedeva un'attrice del bel paese, chi meglio della regista?) la vera carta vincente per un'opera dal sapore europeo.