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mercoledì 11 dicembre 2013

3 cine-attese dal Torino Film Fest 2013



Il Torino Film Fest si è  concluso con il premio al miglior film assegnato a Club Sàndwich di Fernando Eimbcke, e come ogni anno, tra i film in concorso e non, sono state proiettate le migliori produzioni, soprattutto indipendenti, provenienti da tutto il mondo. Tra tutti, ecco di seguito tre film da non perdere per la prossima stagione cinematografica.

Only Lovers Left Alive
E’ l’ultimo film di Jim Jarmusch, il padre fondatore del cinema indipendente americano che ritorna dietro la macchina da presa dopo ben quattro anni. Sono suoi i gioiellini Coffee and Cigarettes e Broken Flowers, ed in generale tutta la sua filmografia è contrassegnata dal suo stile personale che però si plasma in base alle storie e ai generi che di opera in opera tratta. In Only Lovers Left Alive si parla d’amore, un amore che però diventa universale, nonostante apparentemente si dipani solo entro i confini del soprannaturale. Un vampiro musicista da secoli innamorato della sua donna, vedrà messo alla prova il proprio sentimento. Il realismo nell’irreale, la verità nel fantastico: due registri e due letture differenti  di un’opera che si presta ad essere interpretata, letta e inter-letta da diverse tipologie di pubblico.

The Way Way Back
Una dramedy direttamente arrivata dal Sundance Film Festival, diretta da Nat Faxon e Jim Rash al suo debutto alla regia: il quattordicenne introverso Duncan, durante una calda vacanza estiva in cui chiunque sembra deciso a rifiutarlo, stringe amicizia con il guardiano di un parco acquatico. Una riflessione naturale sulla diversità, la timidezza e l’accettazione di un mondo interiore più ricco, poetico e singolare da non sottovalutare.

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venerdì 23 agosto 2013

Picasso Baby

Jay-Z, GIRLS e Marina Abramovic. Quando quello che vedi non è un video musicale.


Uno spazio bianco, gallery off white senza tempo, per un'esibizione video artistica a stretto contatto con un pubblico più o meno conosciuto.
A metà tra il documentario e la performance, Jay-Z canta la seconda traccia del suo ultimo album, interagendo con altri esponenti di una New York ultra contemporanea in fermento culturale.
Sotto le sue note sfilano, ballano, si siedono e diventano frammenti d'arte in sé Judd Apatow (This is 40), Adam Driver (Girls), Alan Cumming (Any Day Now), Jim Jarmusch (Broken Flowers), Jemima Kirke (Girls) e un gran numero di altri artisti, ballerini, performers radicati nel panorama newyorkese più o meno indipendente. In tale contesto, tutti agiscono e creano, ognuno offrendo il proprio apporto artistico, in un trionfo vitale di stimoli intellettuali animato dalla grande regina che su di sé richiama l'attenzione, Marina Abramovic, con le sue incursioni fisiche negli spazi dell'anima.

Il piccolo film, diretto da Mark Romanek, filmmaker e video artist già noto per collaborazioni musicali di tutto rispetto, è stato girato il 10 luglio 2013 a NY e ha reso la Pace Gallery un luogo ormai leggendario per aver accolto in sé cotanta bellezza, sinonimo di cooperazione, arte partecipata e spirito collettivo.
Un video degno dei nomi che il testo custodisce in sé, nonostante esso (il testo) non si affatichi per distinguersi con altrettanto successo.
L'asetticità tipica di una show room è scaldata da tante personalità indipendenti ma al contempo essenziali, che come in un rito magico, senza un apparente ordine cosmico, diventano parte del tutto.

Voi lo avete visto? Come vi sembra?

Picasso Lady: An off white timeless gallery. For one day, the location has become the stage for a performance video art in close contact with its audience.
Halfway between documentary and performance, Jay-Z sings the second track of his latest album, interacting with other members of a great and ultra contemporary New York.
Under his notes parade, everyone dance, sit down and become fragments of art in itself: Judd Apatow (This Is 40), Adam Driver (Girls), Alan Cumming (Any Day Now), Jim Jarmusch (Broken Flowers), Jemima Kirke (Girls) and a large number of other artists, dancers, performers from New York. Lovely scene queen: Marina Abramovic.
The short film, directed by Mark Romanek, filmmaker and video artist already known for some great musical collaborations, was shot July 10, 2013 in New York and made the Pace Gallery, a legendary place.








sabato 22 giugno 2013

Living in Oblivion - Si Gira A Manhattan

Un film di Tom Di Cillo con Stev Buscemi, Catherine Keener. USA, 1995.

Opera seconda scritta e diretta dal grande Tom Di Cillo, vincitrice di diversi premi, tra cui quello per la sceneggiatura al Sundance, è un vero gioiellino della cinematografia indipendente americana, quella della “scuola” Jim Jarmusch tanto per dire, per il quale Di Cillo stesso ha curato la fotografia di Coffee and Cigarettes .

Va in scena una troupe scapestrata alle prese con un film indipendente dopo il quale tutti giurano di ritirarsi. Una produzione low budget fatta di microfoni in campo, fuori fuoco, piani sequenza impossibili da girare ed esplosioni di lampade grottesche e divertenti.
Un'assistente alla regia isterica e una prima attrice calata in pieno nello stereotipo (?) della fragile starlette che vuole essere rassicurata: è questo lo scenario allarmante che si presenta davanti agli occhi increduli di un capo baracca strepitoso, Steve Buscemi, che interpreta il regista di Living in Oblivion, il film nel film.
Ma fino a che punto il film nel film è il vero film? Quando smette di essere un film reale e diventa il film in un sogno?

Solo un'ottima mente avrebbe potuto giocare d'azzardo e intrecciare piani di realtà tanto diversi ma al contempo uguali con cotanta abilità, senza parlare del sapiente uso del bianco e nero che (fino a prova contraria) è dedicato al film nel film, mentre la diegesi vera e propria è a colori. Caldi, saturi, dalla grana anni Novanta.

E non di meno può mancare l'amore, su un set (uno dei veri e propri luoghi più promiscui nel mondo del cinema), talvolta nascosto, non corrisposto o tradito, ma comunque presente in prima linea, sempre pronto a rovinare fragili e già labili equilibri interpersonali.

Un'autentica prova di regia per Di Cillo: un'opera autobiografica che nasce quasi per caso dopo i postumi da set di Johnny Suede e prima della lavorazione di Box of Moonlight, per esorcizzare un malessere diventato visionario capolavoro dall'estetica underground, realistico ritratto di un set indipendente allo sbaraglio animato da un divertente delirio di squadra.



domenica 19 maggio 2013

Broken Flowers


Un film di Jim Jarmusch con Bill Murray, July Delpy. USA 2005

Ha vinto il premio speciale della giuria al Festival di Cannes del 2005 ed in origine avrebbe dovuto chiamarsi “Dead Flowers”.

Inchiostro rosso su carta da lettera rosa e un picchio impresso sul francobollo: una macchina da scrivere fantasma ed un figlio segreto da una donna senza firma.
Una lista di amanti ed un Don Giovanni invecchiato costretto a fare i conti con il proprio passato.
Sono questi gli ingredienti di un film stupendo che solo il genio di Jim Jarmusch avrebbe potuto rendere così leggero e malinconico come una canzone in auto che finendo lascia le sue parole nell'aria nonostante il silenzio di chi dalla vita non vuole più aspettarsi grandi stravolgimenti.

Cinque tappe attraverso il proprio passato ed il nuovo presente di donne talvolta distrutte, anime nuove con una vita troppo diversa da come se la sarebbero immaginata ai tempi dell'amore.
Location perfette, perlopiù tutte in caratteristiche cittadine nello stato di New York, rappresentano la più adatta scorrevole visione dietro ad un finestrino, per un road movie sotto note etiopi che “fan bene al cuore”, dall'aria decadente che pur non discostandosi dalla civiltà, trova i luoghi migliori e più silenziosi o desolati in cui far sosta e portare avanti la bizzarra ed intrigante queste dell'anima di cui si nutre.

Gli anni migliori di Bill Murray che tra questo film e Lost in Traslation, a partire dagli anni Duemila ha dato vita ai suoi personaggi più affascinanti, eroi romantici e silenziosi, ironici e buffi, corpi galleggianti tra l'inettitudine e l'alienazione. Personaggi scelti con sapienza ed inebriati dalla poesia di una recitazione personale ed introspettiva: da I Tenenbaum a Moonrise Kingdom passando per Il treno per Darjeeling: tutti capolavori.
Seconda volta con Jim Jarmusch dopo Coffee and Cigarettes: una collaborazione perfetta che in Broken Flowers diventa ancor più matura e narrativamente strutturata, dando vita ad un'opera completa, dalla trama misteriosamente poetica ma dallo stile meno ermetico del solito, grazie ad una linearità, vero dono per il film, che a fare strani paragoni, sarebbe tanto insolita quanto azzeccata come quella di Una storia vera di David Lynch.
Fantastica apparizione iniziale di Juliy Delpy, quasi un cammeo che però rappresenta forse il motore dell'intera storia.

Un misto tra riprese dall'alto e dettagliate alla Wes Anderson e la cupa coralità dell'America Oggi di Altman.

Una bella riflessione non immediata, una storia non scontata e ben recitata, di quelle a cui si ripensa continuamente cercando di trovare risposte impossibili.
Una sceneggiatura scritta magistralmente:

Don: Che fai più tardi, beviamo qualcosa?
Carmen: Ehm... No, non bevo.
Don: Magari mangiamo qualcosa.
Carmen: Io non... mangio.
Don: Non mangi. Ehm, facciamo due passi... Non puoi dire che non cammini.
Carmen: Non ne ho tanta voglia.
Don: Ce l'hai una macchina da scrivere?
Carmen: Una macchina da scrivere?
Don: Sei sposata?
Carmen: Sai, forse adesso è proprio il caso che tu vada.


Un viaggiare vorticoso, tanti sguardi ed indizi senza tempo: poche certezze ed un ultimo giro di camera intorno a Don e alla sua solitudine, per ricordarci che, “il passato è passato, il futuro non è ancora futuro... tutto ciò che conta è nel presente”.