Opera
seconda scritta e diretta dal grande Tom Di Cillo, vincitrice di
diversi premi, tra cui quello per la sceneggiatura al Sundance, è un
vero gioiellino della cinematografia indipendente americana, quella
della “scuola” Jim Jarmusch tanto per dire, per il quale Di Cillo
stesso ha curato la fotografia di Coffee
and Cigarettes .
Va
in scena una troupe scapestrata alle prese con un film indipendente
dopo il quale tutti giurano di ritirarsi. Una produzione low budget
fatta di microfoni in campo, fuori fuoco, piani sequenza impossibili
da girare ed esplosioni di lampade grottesche e divertenti.
Un'assistente
alla regia isterica e una prima attrice calata in pieno nello
stereotipo (?) della fragile starlette che vuole essere rassicurata:
è questo lo scenario allarmante che si presenta davanti agli occhi
increduli di un capo baracca strepitoso, Steve Buscemi, che
interpreta il regista di Living in Oblivion,
il film nel film.
Ma
fino a che punto il film nel film è il vero film? Quando smette di
essere un film reale e diventa il film in un sogno?
Solo
un'ottima mente avrebbe potuto giocare d'azzardo e intrecciare piani
di realtà tanto diversi ma al contempo uguali con cotanta abilità,
senza parlare del sapiente uso del bianco e nero che (fino a prova
contraria) è dedicato al film nel film, mentre la diegesi vera e
propria è a colori. Caldi, saturi, dalla grana anni Novanta.
E
non di meno può mancare l'amore, su un set (uno dei veri e propri
luoghi più promiscui nel mondo del cinema), talvolta nascosto, non
corrisposto o tradito, ma comunque presente in prima linea, sempre
pronto a rovinare fragili e già labili equilibri interpersonali.
Un'autentica
prova di regia
per Di Cillo: un'opera autobiografica che nasce quasi per caso dopo i
postumi da set di Johnny
Suede e
prima della lavorazione di
Box
of Moonlight,
per esorcizzare un malessere diventato visionario capolavoro
dall'estetica underground,
realistico ritratto di un set indipendente allo sbaraglio animato da
un divertente delirio di squadra.
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