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lunedì 15 febbraio 2016

Il cinema che ti aspetti nel 2016 | NEWS



G I R L S

Il 21 febbraio andrà in onda la prima puntata della nuova serie di GIRLS. Nuove avventure per le quattro amiche di New York nate dalla penna di Lena Dunham

Ed è proprio l’autrice, regista ed interprete della serie, ad aver dichiarato ad inizio anno che dopo la sesta stagione (in onda nel 2017), la serie chiuderà. 

Si chiude una porta e sia apre un portone poiché la stessa Dunham probabilmente dirigerà Max, una nuova serie per HBO sul femminismo Degli anni ’60 ed interpretata da Zoe Kazan. 

J A S O N  R E I T M A N  

Già regista di Juno e Young Adult, il giovane canadese Reitman, si apre al mondo delle serie tv. Lo ha fatto l’anno scorso dirigendo Casual, serie andata in onda in America a fine 2015, e si prepara per girare la seconda stagione confermata grazie al buon riscontro ottenuto (i primi due episodi erano stati presentati al Toronto Film Festival). Si tratta della storia delle avventure di una donna single che si ritrova a vivere con fratello e figlia sotto lo stesso tetto. Arriverà in Italia? 


G R E T A  G E R W I G

La bella musa di Baumbach debutta alla regia con il film Lady Bird e lo aspettiamo quasi quanto un nuovo film in cui ci sia lei come attrice, perché in questo suo debutto probabilmente non comparirà, ma seguirà da vicino le vicende (autobiografiche?) di una giovane donna che dopo aver deciso di lasciare Sacramento, racconterà il suo ultimo anno passato in città.


J U L I E  D E L P Y 

Los Angeles. L’attrice affiancherà J. K. Simmons nella commedia The Bachelors diretta da Kurt Voelker. La storia sarà quella di un uomo vedovo alle prese nel ricostruirsi una vita sociale, sentimentale, lavorativa…



giovedì 27 marzo 2014

I Wanna Get Better - Lena Dunham


Et Voilà l'ultimo video che Lena Dunham ha girato per il compagno e relativa band (Bleachers). Un video che si colloca a metà tra il clip e il corto, in cui viene raccontata una piccola storia grazie ai volti e alle vite che si alternano su un divano o troppo vuoto o troppo pieno, in gran stile "lena", con semplicità, ironia e perché no un velo leggero di cinismo, quanto basta per non perdere l'attenzione e rivivere le vite dei suoi personaggi da piccolo schermo che si rianimano in nuovo corpi e nuovi dolori.

Una coppia bizzarra nella vita e nel lavoro che si schiude dalla tipica riservatezza di chi protegge la propria intimità, e si esprime senza remore.

lunedì 10 febbraio 2014

La Top5 delle Cine-Attese del Sundance


A gennaio si è tenuto il mitico festival dedicato al cinema indipendente che da ormai trentacinque anni renda Park City un vero e proprio luogo di fermento cinematografico, in cui giovani artisti da tutto il mondo trovano la possibilità di far circolare tutte quelle opere che altrimenti nessuno avrebbe la possibilità, la fortuna e l’onore di poter visionare. Ogni anno, tra documentari, commedie e film drammatici, vengono sottoposte all’occhio e al giudizio di pubblico e giuria tante pellicole (e non, vista la bella ed efficace invasione digitale) straordinarie e sperimentali, quelle che in Italia sono relegate nel silenzio ma che spesso trovano una voce all’interno di un panorama underground a volte conosciuto e frequentato da pochissimi appassionati. Tra tutti i film passati dal Sundance 2014, eccone cinque da non perdere!

Happy Christmas
E’ l’ultimo film di Joe Swamberg il regista indipendente di DrinkingBuddies che torna dietro la macchina da presa dirigendo la splendida Lena Dunham, per cui ha scritto un personaggio tutto da scoprire in una dramedy che ha letteralmente incantato il pubblico del festival. Sta arrivando Natale e la stabilità di una coppia di Chicago sta per essere turbata dalla sorella di lui, neo single complicata, e dall’amica Carson interpretata proprio dalla Dunham, intente a stravolgere e ricostruire gli equilibri di una famiglia divertente ed affiatata. Tra gli altri protagonisti compaiono anche il regista, Anna Kendrick e Mark Webber.


Hits
Girato da David Cross, attore conosciuto per Eternal Sunshine of the Spotless Mind e recentemente per Kill Your Darlings, Hits si preannuncia una black comedy da non perdere. Si tratta del debutto alla regia per l’attore che per l’occasione ha reclutato un cast d’eccezione, rigorosamente indie, in cui spicca senza dubbio Michael Cera, il piccolo e ingenuo Paulie di Juno, innovativo e all’avanguardia filmmaker indipendente nella vita. Un cameo per Cera, un grande esordio per Cross. La storia si concentra sulla celebrità nell’era dell’America 2.0, un’analisi sociale e contemporanea che farà di tale commedia indipendente quasi una guida filosofica e spirituale dell’era di Youtube.

Continua a leggere l'articolo su  Viviconstile.it

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domenica 26 gennaio 2014

Crush


Dopo Roshambo, CastelloCavalcanti e Best Friends, un nuovo fashion short film approda sul web. Per la designer Rachel Antonoff, dopo Lena Dunham, si mette all’opera la regista Bianca Giaever.

Un piccolo documentario sulla storia d’amore dei genitori della designer, su come si sono conosciuti e su come si sono amati, raccontato tramite una danza speciale tra un’intervista sotto forma di voice over e delle immagini che la accompagnano, interpretandola non senza, talvolta, provocare un effetto piuttosto straniante. Anni ’70, costumi e scenografie da non perdere e leggerezza visuale piacevole, da centellinare senza fretta.

L’amore giovane, il ricordo e la nostalgia di una coppia contemporanea rivisitati dal tocco femminile di una giovane artista che ha fatto di questa estetica una cifra stilistica personale, fatta di immagini reali, vite ricostruite, voci off e mini video-ritratti poetici ed efficaci.


Sempre per rimanere in tema, nuovo piccolo video anche per Lena Dunham in occasione della cover febbraio di Vogue US. Ansia da notte pre-esame? Ballare per credere.

sabato 9 novembre 2013

Choose You


A live short film written by Lena Dunham

Ancora musica, cinema e performance che si incontrano e scontrano all’interno del panorama cinematografico indipendente americano e soprattutto agli YouTube Music Awards che si sono tenuti a New York. Spike Jonze alla regia collabora con Lena Dunham, abile sceneggiatrice di questo corto musicale amato e al contempo odiato dal pubblico.

Lui la guarda malinconico muoversi sinuosa insieme al suo nuovo partner. Il volume di una discoteca, conversazioni stropicciate e un’intesa fugace. C’è Lena Dunham nella chiassosa personalità della protagonista, nel personaggio maschile discreto e pensieroso. 

C’è Lena Dunham nella schiettezza dei dialoghi conturbanti, spiazzanti, quasi violenti che ogni volta riescono a stupire e farsi riconoscere. Il tocco geniale si consuma sul finale, scelto tra due opzioni differenti scritte dalla stessa Lena Dunham, nonché sul silenzioso sgomento di fronte ad una storia che in sé racchiude tante anime oltre che tre canzoni del celebre dj svedese Avicii.

Una rivisitazione ultra-contemporanea della tragedia delle tragedie, mai riproposta con tanta leggerezza, intelligenza e surrealtà. 

Jason Schwartzman e Dree Hemingway divertenti da non perdere!

sabato 21 settembre 2013

Best Friends



E' uno di quei piccoli film che non entrano mai nella filmografia ufficiale di una filmmaker ma che in qualche modo la arricchiscono in freschezza e leggiadria.
Scritto e diretto da Lena Dunham, Best Friends è un mokumentary girato per la stilista Rachel Antonoff. Un falso documentario d'autore che racconta le migliori amiche, quelle che vivono insieme e si confidano disavventure d'amore in un appartamento newyorkese davanti ad un brunch o a una tazza di caffè. Quelle che vanno in bagno insieme, vestono la collezione autunno-inverno della designer americana e sono raccontate dalla voice over di Adam Driver. La voce calda del tenebroso amato di Hannah Horvath in Girls, per quattro minuti, come fossero esemplari speciali da osservare con cura, ci spiega lo speciale fenomeno delle migliori amiche americane, conosciuto e praticato in tutto il mondo. Un'influenza Woody Alleniana, alla Zelig, rende l'intero racconto semplicemente delizioso: un fashion film che sa svestirsi dell'inutile pubblicità che potrebbe fare bensì veste le sue attrici con discrezione, sicuramente in modo più efficace.
Un corto in famiglia, in pieno stile DIY, poiché una delle due protagoniste è interpretata dalla simpatica sorella della regista, Grace Dunham (gia comparsa in Tiny Furniture) mentre la stilista per cui è stato girato il corto sarebbe la cognata stessa di Lena Dunham, fidanzata con il fratello chitarrista Jack Antonoff.


Quando essere registi indipendenti ti permette realmente di tenere in mano una videocamera e sperimentare

sabato 6 luglio 2013

This is 40

Un film di Judd Apatow con Paul Rudd, Leslie Mann, Lena Dunham. USA, 2012

E' il quarto film di Judd Apatow ed in generale si potrebbe definire un'opera familiare in cui recitano la moglie e le figlie del regista, con le quali ha collaborato anche nelle produzioni precedenti.
This is 40 è la classica commedia americana che ci si può aspettare da un produttore tanto lungimirante nello scoprire e produrre i giovani talenti, quanto convenzionale nel dirigere qualcosa che più che un film, alla fine, si rivela essere solo un prodotto realizzato per un determinato tipo di pubblico amante della commedia impacchettata e stereotipata, intrappolata in rigidi schemi difficili da varcare.

Siamo in pieno stereotipo americano: Los Angeles, le villette con il giardino dove organizzare fallimentari party di compleanni, una bella famiglia, marito, moglie e due figlie il tutto da gestire al meglio senza scordare amici, parenti, scuola e problemi finanziari.
Perché la strizzata d'occhio alla crisi va data e funziona, così come funziona la crisi esistenziale dei quarantenni moderni, alcuni mai cresciuti, incapaci d'assumersi responsabilità nel lavoro, nei rapporti, che mentono sull'età, organizzano feste e scappano, salvo poi ritornare all'ovile, repressi ed insicuri.

Brave Leslie Mann (la moglie di Apatow) e le figlie, un po' troppo patinato e belloccio, invece, Paul Rudd, che in teoria sarebbe il marito ribelle sì, ma anche un po' inetto, incapace di prendere una decisione e bugiardo cronico.

A dare ritmo e vitalità ci sono le nevrosi di una coppia che fa la radiografia ad ogni difetto e l'isteria di due figlie schiave di iPad, Wi Fi e serie tv.
dialoghi sono quella marcia in più che fa innalzare, anche se non di molto, il film rispetto alla paccottiglia delle commedie prezzolate che purtroppo infangano un genere invece sempre più vivo, poetico e ricco, quando ben fatto. Sceneggiato dallo stesso Apatow, il film ha dei risvolti inaspettati nella scrittura dei dialoghi: talvolta le conversazioni prendono una piega black, paradossale ed allo stesso tempo così freddamente normale per gli stessi protagonisti che tornano alla mente certi dialoghi strong di “Girls”, serie tv che Apatow co-produce insieme alla sua creatrice Lena Dunham che in questo film compare in un piccolo ruolo (come era successo in Supporting Characters)
Un punto in più per la colonna sonora molto curata dato il lavoro del protagonista Pete, fondatore di un'etichetta discografica indipendente dedicata alla musica di qualità.
Ricco di citazioni da film, telefilm, per più di due ore si viaggia nel “già visto” mescolato alla sorprendente contemporaneità dell'opera, la cui più ingombrante protagonista, in fin dei conti, è la tecnologia moderna ed i problemi che, inevitabilmente, se mal utilizzata, crea nei rapporti umani.




giovedì 4 luglio 2013

Breaking Upwards

Un film di Daryl Wein con Daryl Wein e Zoe Lister Jones. USA, 2009

Girato con un budget estremamente limitato di 15.000 dollari, è approdato nel Texas al festival South by Southwest.

E' il primo film diretto, interpretato e montato da Wein, co-prodotto e co-sceneggiato insieme alla compagna Zoe Lister Jones, anche lei protagonista, e realizzato come fosse un piccolo esercizio sentimentale, questa volta, rispetto al successivo Lola Versus più maturo e strutturato, più libero dagli schemi e meno comedy brillante.
Un progetto romantico autobiografico nato proprio dall'esperienza personale dei due autori che hanno deciso di rendere la loro vita amorosa un piccolo film ben scritto, ben girato e, neanche a dirlo, ben interpretato.

E' sempre ambientato a New York, per lo più tra le strade di Brooklyn o tra le splendide vie dei quartieri residenziali, ma è un'opera molto meno concentrata sul personaggio principale: qui la vera protagonista è la coppia in sé, in un'indipendente commedia tanto piacevole quanto malinconica, sulla stessa scia amara di Celeste and Jesse, altro gioiellino d'amore non esattamente spensierato.

Dalla realtà riprendono i loro veri nomi, Zoe e D., e portano in scena la crisi della coppia contemporanea. Più amici che amanti, decidono di aprire il loro rapporto per guarire dalla reciproca dipendenza, unica soluzione: concedersi dei giorni liberi. Giorni liberi che nessuno dei due sarà evidentemente in grado di gestire nel più sano dei modi. Un modo per rendere graduale la fine di un amore senza scelte drastiche tormentate, accompagnando per mano il naturale cessare di ogni cosa con più consapevolezza e serenità possibili.
Anche qui una grande presenza nella trama è la famiglia, in particolare le due famiglie che si fondono e confondono a metter disordine in due vita già emotivamente precarie.
Un particolare elogio va fatto a tutti quei personaggi tanto secondari quanto necessari alla buona riuscita del film, il quale da un certo punto di vista è considerabile, soprattutto in alcuni momenti, un'opera corale e familiare, ricca, inoltre, di particolari scenografici, locations perfette e scorci urbani contemporanei.


Un'ottima squadra artistico-amorosa in grado di produrre piccole opere indipendenti secondo la filosofia ad oggi più diffusa, non solo nel filmmaking, ovvero il cosiddetto Do It Yourself (DIY). Una coppia da tenere d'occhio poiché in continua evoluzione professionale, un po' “alla Lena Dunham” come afferma David Amsden sul New York Times



sabato 4 maggio 2013

GIRLS: waiting for season #3


Pensavo a questo post da settimane ed ho sempre rimandato per prendermi il giusto tempo, farmi una bella maratona e parlarne avendone una splendida visione d'insieme. GIRLS


Protagonisti i nuovi disoccupati d'America, gli slackers dalle molte velleità artistiche e dai pochi spiccioli nelle tasche; ed è forse il piglio ultra contemporaneo della serie in sé che l'ha resa specchio fedele di una generazione audace che non ha paura di affrontare i propri disagi con onestà, fuori dagli schemi e dai tabù, anche e soprattutto sessuali.

Parola d'ordine “rivoluzione”: in un ambiente ancora troppo maschilista come il cinema, le donne, che pur nel panorama indipendente non mancano, riescono ad affermarsi realmente solo quando dimostrano di essere delle vere rivoluzionarie e Lena Dunham (insieme al suo personaggio) sembra proprio rientrare tra le giovani registe indie più giovani e coraggiose degli ultimi tempi. Determinata, ironica e sempre sul pezzo, si è imposta in un genere che si è letteralmente cucita addosso, sperimentando (vera parola chiave della sua carriera) tra cortometraggi, web series, film e serie tv.

La prima stagione di Girls inizia subito affrontando il problema globale di crisi economica da cui siamo afflitti: i genitori della protagonista, interpretata da Lena Dunham, smetteranno di mantenerla. Ventiquattrenne irriverente e cinica sognatrice, Hannah, precipita, dunque, in un inarrestabile sconforto: incredula e convinta di poter veramente essere la voce della sua generazione, comincia a fantasticare temendo di ritrovarsi a lavorare, pur avendo una laurea, dietro ad un assai poco creativo bancone di McDonald riducendosi teatralmente ed eroicamente a morire sola, come Flaubert, in una polverosa soffitta bohemién. Resiste solo grazie all'ingenua ironia con cui spesso si ritrova a dover spiegare battute taglienti fatte a sproposito, perlopiù fatte in presenza di persone sbagliate nonché nei momenti meno adatti come fosse un goffo fumetto di Woody Allen incompreso ed umiliato.

Cosa si prova ad essere amate così tanto?” chiede sognante all'apprensiva Marnie. Quest'ultima, stanca di un ragazzo troppo perfetto ed innamorato, si lamenta con Hannah che per contro ha un cruccio personale a proposito d'amore ben più doloroso e pratica, a tempo perso, sesso volgare con colui che, anche nella vita reale, sta letteralmente incantando il pubblico femminile d'America: il disinteressato e semi-nudo Adam (per approfondire vai all'articolo di Grazia.it che ha ispirato il post: Adam Driver: è davvero il più sexy della tv?).
Sfaccendato e sedicente attore senza maglietta, Adam rappresenta uno dei personaggi migliori: è l'innamorato della protagonista e sulle sue spalle graveranno tutte le più bieche colpe se mai dovesse veramente ferirla più di quanto già non faccia lei stessa continuando a cercarlo senza un riscontro realmente edificante.

Tematiche attuali vengono affrontate con intelligente leggerezza e senza una grave demagogia che altrimenti farebbe perdere all'intera serie l'aria sbarazzina ed al contempo amara che la contraddistingue.
Con veri occhi contemporanei si allude, infatti, ad argomenti caldi quali il quasi aborto dell'amica hippie e viaggiatrice Jessa, libertina amante di mondo offesa dagli stereotipi sulle donne raccontate dalla paraletteratura moderna, o la verginità di Shoshanna, insicura ventiduenne impaurita e curiosa che fin dal principio confessa alle amiche il suo intimo segreto non senza l'imbarazzo del pregiudizio.
Questo è solo l'inizio di una stagione assolutamente ben riuscita, tematicamente e tecnicamente completa, senza sbavature, in un crescendo registico culminante nelle ultime puntate, vero fiore all'occhiello, ancor più intense e romantiche.
Lo stesso, per contro, non si potrebbe affermare a proposito della seconda stagione: iniziata sottotono e con lo stravolgimento di una delle storie principali, riesce a resuscitare verso la metà nonché sul suo finire in un percorso quasi guidato dalla regista sessa in cui, dalla piattezza delle prime puntate investite da una stasi narrativa straniante, si giunge al finale spettacolare che da solo varrebbe l'intera stagione.
Un climax fantastico da cui lo spettatore, non essendo preparato, rimane piacevolmente spiazzato, riponendo fiducia e speranza in una terza stagione (attualmente in produzione) più che brillante ed all'altezza dell'estetica indipendente e mumblecore fino ad ora dimostrata con gran talento.

lunedì 29 aprile 2013

Supporting Characters


Un film di Daniel Schechter con Alex Karpovsky, Tarik Lowe, Lena Dunham. USA, 2012.

Presentata al Tribeca Film Festival 2012, è una storia semi autobiografica in pieno stile New York-indipendente.

Nick (Alex Karpovsky) è un giovane montatore newyorkese prossimo al matrimonio, ed insieme all'amico assistente Darryl (Tarik Lowe) sta rimaneggiando, come di consueto, la struttura di un film onde evitare un fiasco già preannunciato.
Entrambi più o meno fidanzati, durante le sessioni di lavoro, talvolta anche notturne, si raccontano i propri problemi mentre un regista assente e stralunato, un po' meteora un po' paranoico, rende la vita difficile ai suoi dipendenti.
Ma ecco che l'elemento disturbatore di natura femminile (il fatidico supporting character) non tarda ad arrivare per rompere l'apparente quiete regnante: è l'attrice del film in questione e si chiama Jamie. Instaura quanto prima un rapporto molto confidenziale con Nick ma, nonostante l'ambiguità di qualche vago tentativo da parte di lei, nulla condurrà mai i due, seppur evidentemente controvoglia, a qualche tipo di incontro ravvicinato capace di minare le reciproche stabilità (?) sentimentali.

E', dunque, mentre i due protagonisti provano a salvare un film in crisi, che vedono rimessi in discussione anche i propri equilibri amorosi, ma se c'è qualcosa di scontato da dire è che la vita non è film, quindi, se un buon montaggio può fuor di dubbio conferir nuova vita ad un progetto ormai dato per spacciato, di certo non si rivelerà mai altrettanto semplice prendere piena coscienza della propria vita in un momento cruciale di grandi decisioni (l'imminente matrimonio di Nick) e dubbi esistenziali.

E' un'istantanea nitida, realistica e, in un certo senso, anche un po' amara, comunque mai spensierata, quella che il regista Daniel Schechter scatta ad una coppia di amici americani e alle loro rispettive situazioni: due amici dall'aria senz'altro cool, celata però dietro all'estro quasi d'artista di due tipici ragazzi newyorkesi, di quelli pseudo-indipendenti, che alla fine, sì, lavoricchiano anche, ma, di fatto, nessuno capisce mai come riescano a pagare l'affitto.

La fotografia piacevolmente calda, dai toni romantici e dalle sfumature alla pesca rende tutto il film esteticamente d'alto livello, con inquadrature perfette nel loro equilibrio dal quale la macchina da presa non sgarra mai, rimanendo spesso fissa, mantenendo fuochi perfetti e immortalando espressivi volti eccezionalmente evocativi.

Un cammeo di Lena Dunham dalla durata fin troppo effimera, arricchisce la storia già combattuta e confusa di un protagonista che tra lavoro, amore e ingenui moti d'attrazione, sembrerebbe un personaggio (Nick) in preda ad un imminente attacco di nervi, ma che inaspettatamente conserva tutta quella seraficità che lo contraddistingue fin dal principio rendendolo ancor più attraente, nei suoi silenzi comprensibili con cui tenta, altresì, di giostrare al meglio le fila di una vita dalla quale fa finta di non sentirsi edificato ma che in realtà, sotto sotto lo fa sentire un vero hipster senza eccezione.
Anch'egli, oltre a Lena Dunham, mutuato dalla serie tv GIRLS, dalla quale riprende anche il lato irrisolto del suo personaggio, Alex Karpovsky dimostra doti recitative molto buone e scorrevolmente amabili, tanto quanto quelle del co-protagonista Tarik Lowe, personaggio assai più scanzonato e divertito che, al regista, in questo caso, presta anche la sua piacevole mano di sceneggiatore.

Un bel film d'autore che, ancora una volta, con uno stile meno underground ma più contemporaneo e pulito dei soliti mumblecore, racconta una generazione in perenne conflitto, a disagio sia con i temi primitivi ed originari della famiglia, dell'amore e del sesso, sia con i temi più attuali relativi al contesto di crisi personale e globale socio-economico-culturale.

Scambio di favori tra indie-autori: una colonna sonora firmata dall'amico regista e musicista Jordan Galland (che per Tiny Furniture regalò un brano anche a Lena Dunham) in cambio di un trailer (per il film di Galland Alter Egos): onesto.




martedì 26 marzo 2013

Nobody Walks


Un film di Ry Russo-Young con Olivia Thirlby, Rosemarie DeWitt, John Krasinski. USA 2012


Realizzato con il supporto del Sundance Institute e presentato al Sundance 2012, dove era in nomination per il Gran Premio della Giuria, Nobody Walks è il quarto lavoro della giovanissima, appena trentunenne, regista indipendente americana Ry Russo-Young, scritto in collaborazione con Lena Dunham.
Martine (Olivia Thirlby) è una regista 23enne newyorkese che viene ospitata a Los Angeles da una famiglia pronta ad aiutarla per la sonorizzazione del suo film sugli insetti.
Ingenua giovane donna sparuta in un mondo che crede di avere in pugno con la potenza propria solo di un'energica ventenne in pieno processo creativo, si accorgerà presto di quanto pesanti possano essere le conseguenze per chi superficialemente, pensa solo a prendere dalla vita ciò di cui necessita senza porsi ulteriori domande.
Martine, in preda alla passione, rischia di sfasciare una famiglia profondamente già destrutturata e decadente: una sana collaborazione si trasforma in sesso clandestino nelle stanze insonorizzate di un sound designer disponibile (John Krasinski) e del suo assistente sexy, mentre insetti frenetici ed in bianco e nero si agitano su superfici precarie sotto suoni stranianti che sanno d'equilibri spezzati.
Un bell'inizio, una coralità eterogenea che svela i suoi segreti ed intrighi solo gradualmente, con cauta linearità: se apparentemente, nei primi minuti, si fatica ad inquadrare una famiglia tanto allargata, ogni cosa si rivela da sé a tempo debito, rendendo la trama una bella storia in progress, mai noiosa o prevedibile.
La mano di Lena Dunham si cela dietro alla sessualità, anche qui come in altre opere da lei scritte, vissuta senza pensiero, quasi con disinvolta indifferenza, naturalmente onnipresente ma non volgare.
Brava Olivia Thirlby che dona al suo personaggio sorridente ed introspettivo la forza del diamante, duro e inscalfbile, ma comunque delicato e bisognoso di cure mentre sua perfetta antagonista, Rosemarie DeWitt, è la fredda moglie di Patrick, in preda alla frustrata rassegnazione osserva il suo uomo, sedotto ed abbandonato, perso nello sdegno di una compagna ormai silenziosa che lascia parlare gli occhi.
John Krasinski, ottimo interprete fidanzato nella vita con l'Emily Blunt che inYour Sister's Sister era la sorella di Rosemarie DeWitt (con quest'ultima oltre che qui, lo abbiamo visto recentemente Promised Land di Gus Van Sant) è lo stesso bravo protagonista, nel 2009, di American Life, ma in questo film parrebbe leggermente sottotono, quasi alla ricerca del suo personaggio, probabilmente poco approfondito dalle sceneggiatrici nonostante rappresenti, invero, l'unico e principale perno attorno cui si consumano storie e tradimenti.
Personaggi secondari ma importantissimi (i figli) finiscono per fare da corollario alle vite dei protagonisti, dovendosela spesso cavare da soli per difendersi da un mondo mai troppo generoso, anche nei confronti dei più innocenti.