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domenica 6 ottobre 2013

Roshambo by Free People


Ha più l'aspetto di un trailer, molto curato e ricco di scene più che di un vero e proprio cortometraggio. Poco recitata, è la storia di un incontro che così come avviene improvvisamente, altrettanto velocemente si dissolve, dolce parantesi tra i quartieri di Brooklyn.
Lui e lei  si incontrano. Un caffè insieme e le ore diventano giochi, effusioni e complici sospiri. Un pomeriggio, qualche mese, una giornata bohemien, tra cappelli, mazzi di fiori e bistrot americani: carta-sasso-forbice.
Una narrazione per immagini, quasi senza tempo, rende il corto (cortissimo, poco più di tre minuti) quasi un video, un piccolo reportage intimo e poetico, un ricordo sensuale, amore estivo abbandonato.
Al fianco di Jonathan Doe alla regia anche Guy Aroch, noto fotografo e stilista di moda israeliano trapiantato a New York.
La modella protagonista è la bellissima Sheila Marquez, in questo caso naturale bellezza romantica al fianco di Christopher Abbott, direttamente dal cast di Girls o di Hello I must be Going.
 Ma Roshambo non è solo un corto, è molto di più: ha anche due sequel ed è prodotto da Free People, il brand americano che veste la donna boho chic. E' dunque svelato l'arcano, lo storytelling particolare, l'indugio sugli eterei vestitini, gli accessori e le atmosfere evocate. Una strategia di marketing intelligente che fa della pubblicità qualcosa di artistico, con una storia da raccontare.
 Nel secondo cortometraggio, Roshambo Rock, troviamo Sheila nostalgica, persa con due amiche tra i colori di Rio, nel terzo, Roshambo Paper-scissors c'è Chris altrettanto malinconico a Parigi. Da immaginare uno in seguito all'altro, sono tre pezzi di un puzzle d'amore triste e al contempo intenso. “Chiamala, non è difficile”. Una bella storia che fa dimenticare il suo essere una vetrina fashion, e fa sognare. Romantici a Parigi.

sabato 4 maggio 2013

GIRLS: waiting for season #3


Pensavo a questo post da settimane ed ho sempre rimandato per prendermi il giusto tempo, farmi una bella maratona e parlarne avendone una splendida visione d'insieme. GIRLS


Protagonisti i nuovi disoccupati d'America, gli slackers dalle molte velleità artistiche e dai pochi spiccioli nelle tasche; ed è forse il piglio ultra contemporaneo della serie in sé che l'ha resa specchio fedele di una generazione audace che non ha paura di affrontare i propri disagi con onestà, fuori dagli schemi e dai tabù, anche e soprattutto sessuali.

Parola d'ordine “rivoluzione”: in un ambiente ancora troppo maschilista come il cinema, le donne, che pur nel panorama indipendente non mancano, riescono ad affermarsi realmente solo quando dimostrano di essere delle vere rivoluzionarie e Lena Dunham (insieme al suo personaggio) sembra proprio rientrare tra le giovani registe indie più giovani e coraggiose degli ultimi tempi. Determinata, ironica e sempre sul pezzo, si è imposta in un genere che si è letteralmente cucita addosso, sperimentando (vera parola chiave della sua carriera) tra cortometraggi, web series, film e serie tv.

La prima stagione di Girls inizia subito affrontando il problema globale di crisi economica da cui siamo afflitti: i genitori della protagonista, interpretata da Lena Dunham, smetteranno di mantenerla. Ventiquattrenne irriverente e cinica sognatrice, Hannah, precipita, dunque, in un inarrestabile sconforto: incredula e convinta di poter veramente essere la voce della sua generazione, comincia a fantasticare temendo di ritrovarsi a lavorare, pur avendo una laurea, dietro ad un assai poco creativo bancone di McDonald riducendosi teatralmente ed eroicamente a morire sola, come Flaubert, in una polverosa soffitta bohemién. Resiste solo grazie all'ingenua ironia con cui spesso si ritrova a dover spiegare battute taglienti fatte a sproposito, perlopiù fatte in presenza di persone sbagliate nonché nei momenti meno adatti come fosse un goffo fumetto di Woody Allen incompreso ed umiliato.

Cosa si prova ad essere amate così tanto?” chiede sognante all'apprensiva Marnie. Quest'ultima, stanca di un ragazzo troppo perfetto ed innamorato, si lamenta con Hannah che per contro ha un cruccio personale a proposito d'amore ben più doloroso e pratica, a tempo perso, sesso volgare con colui che, anche nella vita reale, sta letteralmente incantando il pubblico femminile d'America: il disinteressato e semi-nudo Adam (per approfondire vai all'articolo di Grazia.it che ha ispirato il post: Adam Driver: è davvero il più sexy della tv?).
Sfaccendato e sedicente attore senza maglietta, Adam rappresenta uno dei personaggi migliori: è l'innamorato della protagonista e sulle sue spalle graveranno tutte le più bieche colpe se mai dovesse veramente ferirla più di quanto già non faccia lei stessa continuando a cercarlo senza un riscontro realmente edificante.

Tematiche attuali vengono affrontate con intelligente leggerezza e senza una grave demagogia che altrimenti farebbe perdere all'intera serie l'aria sbarazzina ed al contempo amara che la contraddistingue.
Con veri occhi contemporanei si allude, infatti, ad argomenti caldi quali il quasi aborto dell'amica hippie e viaggiatrice Jessa, libertina amante di mondo offesa dagli stereotipi sulle donne raccontate dalla paraletteratura moderna, o la verginità di Shoshanna, insicura ventiduenne impaurita e curiosa che fin dal principio confessa alle amiche il suo intimo segreto non senza l'imbarazzo del pregiudizio.
Questo è solo l'inizio di una stagione assolutamente ben riuscita, tematicamente e tecnicamente completa, senza sbavature, in un crescendo registico culminante nelle ultime puntate, vero fiore all'occhiello, ancor più intense e romantiche.
Lo stesso, per contro, non si potrebbe affermare a proposito della seconda stagione: iniziata sottotono e con lo stravolgimento di una delle storie principali, riesce a resuscitare verso la metà nonché sul suo finire in un percorso quasi guidato dalla regista sessa in cui, dalla piattezza delle prime puntate investite da una stasi narrativa straniante, si giunge al finale spettacolare che da solo varrebbe l'intera stagione.
Un climax fantastico da cui lo spettatore, non essendo preparato, rimane piacevolmente spiazzato, riponendo fiducia e speranza in una terza stagione (attualmente in produzione) più che brillante ed all'altezza dell'estetica indipendente e mumblecore fino ad ora dimostrata con gran talento.

domenica 17 marzo 2013

Hello I Must Be Going


Un film di Todd Louiso con Melanie Lynskey e Christopher Abbott. USA, 2012

Ha aperto il Sundance Film Festival 2012 per la regia del poco più che quarantenne attore-regista americano Todd Louiso al suo terzo lungometraggio: Hello I must be going (“Come la prima volta” in Italia) è una commedia romantica di tutto rispetto, divertente e pungente, sulla presa di coscienza di sé anche e soprattutto quando ogni certezza sembra in procinto di crollare.
Perchè tutto rimanga uguale tutto deve cambiare si direbbe parafrasando il celebre scrittore italiano, nonché scorrendo la trama di un film dissacrante che vede Amy (Melanie Lynskey) donna sull'orlo di un crisi i nervi, tradita e neo divorziata costretta a tornare a casa dei genitori, intraprendere un'intima amicizia con Jeremy (Christopher Abbott, il fidanzato di Marnie nella serie americana Girls di Lena Dunham) attore diciannovenne tenero e tormentato creduto gay dalla madre ed intento a lasciarglielo credere.
Una differenza anagrafica importante ed un ritorno all'istintività dei sentimenti, per una boccata d'ossigeno fin troppo a lungo negata all'interno di rapporti soffocanti destinati al fallimento.
Lei è una Bridget Jones contemporanea, la cui unica grande abilità sembra quella di distruggere ogni rapporto sano della propria vita: ingenuamente goffa, si barcamena tra gli inconvenienti di un'esistenza che le è scappata di mano e lo fa con grande ironia e affilato cinismo che la vedono scoppiare grottescamente e divertita in fragorose risate nei momenti meno opportuni, prendendosi anche gioco dell'ipocrisia e del bigottismo della sua famiglia, dai quali, ed è proprio al limite, cerca di non farsi inglobare.
Un progressivo spogliarsi da tutti i risentimenti covati negli anni insieme all'anima simile che la porta a comprendere la sua vera essenza di donna all'apparenza fragile ma più che consapevole di se stessa. Una tematica quanto mai attuale quella del ritorno al nido dei genitori dopo un tentativo di vita fallito e la conseguente amarezza del dover tornare ad essere ospitata in una casa che ormai è troppo diversa da come ce la si aspetta.
Nella colonna sonora brillante ed allegra spiccano i diversi brani scritti e cantati da Laura Veirs, cantautrice folk americana dal sound sbarazzino e leggero quasi a ricordarci la fantastica soundtrack di Juno, le cui sonorità si avvicinano amabilmente.