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giovedì 26 dicembre 2013

Curfew


Quando si dice il destino, il momento giusto. Un ottimo cortometraggio, venti minuti di vita vera, quella che si stava per spazzar via e che una coincidenza inaspettata ha reso nuovamente possibile. 
Un film che ha girato, vincendo diversi premi, i migliori festival cinematografici, passando anche al Tribeca Film Festival

Inizia in modo bizzarro la giornata di Richie, il fragile e tenebroso protagonista che accetta di aiutare la sorella a cui non parla da tempo e passare il pomeriggio con l'impertinente nipotina. Pochi minuti e tra i due nasce una dolce amicizia fatta di confidenze e confessioni. E' lo sbocciare di un rapporto speciale tra zio e nipote che diventa legame indissolubile.

Il regista Shawn Christensen, membro della band indie-rock newyorkese Stellastarr e già autore e regista in diversi altri progetti, ha saputo concentrare bene in pochi minuti una storia così delicata. Per non parlare dell'intensità della sua recitazione (interpreta il protagonista), dolorante ed intrisa di commovente tenerezza. E' altresì molto forte la struttura narrativa prologo-narrazione-epilogo, marcata al punto giusto, quasi circolare che incornicia il film senza essere troppo invadente.
Il talento dei tre attori, tra cui un'interpretazione di Fatima Ptacek ineguagliabile, supera la cupezza dei colori e della trama. Tematica e messaggio d'impatto sono efficaci e chiari, diretti allo spettatore senza fronzoli o macchinazioni inutili.
La scelta delle locations, delle strade, delle luci, dei luoghi chiusi (bar, bowling, vecchio appartamento di Richie) provoca un'atmsfera da un lato lugubre, ma allo stesso tempo scaldata dalla complicità immediata che nasce tra i personaggi e la grande empatia che si prova nei loro confronti.

Un viaggio attraverso le tragiche paure dell'uomo, in un momento inquietante, realistico e struggente.

domenica 20 ottobre 2013

Before Midnight


Sono usciti dall’ultimo Sundance e passati dal Tribeca Film Festival
Son tornati e oggi hanno quarant’anni. Adulti e disillusi, un po’ più cinici e stanchi, con ancora tante passeggiate da fare e tanti discorsi da affrontare. Son passati vent’anni da quella volta in treno, e alla spensieratezza del gioco, del pericolo, della curiosità e del tormento amoroso si son sostituiti i figli, i divorzi, e le amarezze della vita.
Il terzo capitolo della storia d’amore tra Céline e Jesse, girato dall’abile Linklater rappresenta la maturità, dei protagonisti, del regista e di una storia importante. Un’opera senza dubbio differente dalle due precedenti ma al contempo estremamente influenzata dal passato. I Céline e Jesse di oggi ricordano con tenerezza i loro venti e trent’anni che li hanno condotti in Grecia, a vivere una vacanza bucolica lontana dalla vita parigina. Ma i pesi dei propri errori si fanno sentire quando la stanchezza non concede né tempo né perdono e improvvisamente, una romantica serata si trasforma in un gioco crudele di colpe, rimorsi e domande a volte scomode.
Anche lo stile "cartolina" si è evoluto: non ci sono più la città, le strade i monumenti di Vienna o Parigi, bensì gli uliveti, i tramonti e le stradine caratteristiche di Messenia e Kardamyli.

La narrazione si sviluppa nell’arco di un’unica giornata e i due protagonisti sono affiancati da personaggi secondari che animano tutta la prima parte del film. L’elemento portante dell’opera, come per le precedenti, è ovviamente il dialogo, la verbosità tipica di una saga che da vent’anni incanta gli spettatori romantici.

La vera specialità del film è rappresentata dal rapporto reale tra i due attori e il regista, tutti accreditati per aver collaborato alla sceneggiatura (come sempre ricca di particolari, curata e originale) e aver creato un film molto personale. 
Il tempo passato nella finzione e nella realtà ha segnato e rivoluzionato una saga che è diventata un simbolo di qualcosa di più nel panorama cinematografico. Qualcosa che ispira veramente e non si lascia dimenticare. Una suggestione che la stessa Delpy ripropone spesso nelle sue regie. 

Un altro piccolo gioiello da guardare e custodire come un ricordo speciale, in attesa di un eventuale e sperato prossimo capitolo.

mercoledì 31 luglio 2013

Free Samples

Un film di Jay Gammill con Jesse Eisenberg e Jess Weixler. USA, 2012

E' stata presentata al Tribeca Film Festival ed è l'opera prima del giovane regista Jay Gammill, una commedia indipendente abilmente scritta ed interpretata.

Una giornata insieme a Jillian, sul furgoncino dei gelati dell'amica e riflettere sulla vita, sulla famiglia e le amicizie: una sbornia da smaltire sulle spalle e un'ironia cinica e brillante per affrontare la mattinata. Come in una danza che tutto muove e tutto risolve, sfilano davanti a lei diversi personaggi: una nutrita schiera di bizzarri individui, ognuno portatore del proprio carico d'amore (o meno), che si avvicendano influendo continuamente sul destino della protagonista e sulla sua giornata scura.

Manca poco alle unità di tempo e luogo che rendono i film sempre particolari: Jess Weixler entra perfettamente in un ruolo non facile, divertente ma anche drammatico, mentre Eisenberg (visto in To Rome With Love) in un ruolo molto contenuto ma intenso, risolutore, dimostra ottime qualità attoriali, forse un po' troppo sottovalutate.
La camera a mano iniziale, le riprese in auto, attori e location perfettamente integrati nei colori, nelle linee, i dialoghi non scontati rendono questo esordio, un'opera prima di tutto rispetto, leggera, divertente con un retrogusto malinconico correlato alla protagonista Jillian, sfaccendata, confusa, un po' alcolizzata ma sempre lucida nella sua intrinseca tristezza. Una donna forte, nonostante le apparenze, che sa affrontare con accettabile razionalità e coincidenze di una giornata lunga, ricca di imprevisti, ostacoli e mani tese.

Free Samples: it premiered at the Tribeca Film Festival and it is the first work of the young director Jay Gammill. The movie is an independent and well written comedy.
The plot turns about a day with Jillian, at the edge of her bestfriens's ice cream truck, reflecting on life, love, family and friendship. As a dance that moves everything, a group of eccentric characters, each carrying (or not) its own load of love, alternates continuously influencing the fate of the protagonist and her dark days.
Jess Weixler stars perfectly in a funny but also dramatic role, not easy, while Eisenberg (seen in To Rome With Love) plays a very content but intense solver character, showing excellent actorial qualities.
I loved the hand-held camera, shooting in auto, actors and locations perfectly integrated, pastel colors, dialogues, the light, melancholy.

A great directorial debut about a strong woman, despite appearances, that can cope, with acceptable rationality, bad coincidences of a long day, full of unexpected obstacles and friendly hugs.

So, what about you, Chocolate or Vanilla? 

giovedì 25 luglio 2013

The English Teacher

Un film di Craig Zisk con Julianne Moore e Michael Angarano. Usa, 2013

Presentato al Tribeca film Festival 2013, è il primo film diretto dal regista di serietv Craig Zisk.

Linda Sinclair aveva 45 anni, era una nubile insegnante di liceo con nessuna prospettiva di matrimonio...Viveva sola in Pennsylvania e anche se la sua vita poteva sembrare fredda e noiosa, lei era una donna passionale.”

Suona più o meno così l'incipit del film, raccontato da una voice over impertinente che nei momenti clou dell'opera, interviene incredula a sindacare sulle scelte della protagonista.

Un inizio intrigante che sa di archetipo contemporaneo, quello della donna single e intellettuale che ha reso la propria esistenza degna d'essere vissuta in ogni piccolo piacere quotidiano, va a sfumare poi in uno svolgimento più convenzionale deludendo le aspettative iniziali.
La struttura del racconto che inizialmente appare innovativa, anche nello stile registico, ad un certo punto del film si assesta: nel complesso, gli avvenimenti fuori dal comune, le reazioni dei personaggi e i loro comportamenti sono grotteschi e divertenti, non fosse per la trama in sé che perde d'interesse in corso d'opera.

I temi principali, il teatro, l'arte, la vita d'artista e le loro conseguenze, rendono colti ed interessanti i riferimenti letterari che si possono cogliere all'interno di una sceneggiatura scritta bene e recitata con eleganza.
Le ambientazioni poco cittadine, leggermente cupe e con una forte predominanza d'interni, rendono l'atmosfera della commedia più british e plumbea, in linea con le vicende, le quali seguono un andamento alternato tra comicità e dramma.
La colonna sonora d'autore rende i momenti più culminanti ancora più intensi mentre le riprese dall'alto richiamano uno stile più indipendente che si confonde nel film senza diventare protagonista.


The English Teacher premiered at Tribeca Film Festival in 2012. It talks about a very independent woman who tries to refresh the traditional teaching method. She lives in a small town in Pennsylvania and she becomes good friend with an old pupil who returns from New York. He is a liar and a failed playwright who fascinates her but something goes wrong.
The beginning of the film is innovative and unconventional but starting from the middle of the plot, the events are taking a turn a little trivial.

The main themes are the theater, the art, the artist's life and their consequences. Leaden atmosphere and country setting make it look like a British movie. The soundtrack, created also by Nick Cave, is one of the major points of interest. Enjoy!

martedì 9 luglio 2013

Jesus Henry Christ

Un film di Dennis Lee con Toni Collette, Jason Spevack. USA, 2012.

Scritto e diretto da Dennis Lee, è favolosamente interpretato da Jason Spevack, giovanissimo attore già visto e recensito nella bella comedy Sunshine Cleaning. Versione lunga dell'omonimo cortometraggio saggio di diploma dell'autore, è diventato un lungometraggio molto apprezzato, per di più presentato in anteprima al Tribeca Film Festival 2011.

Tutta la trama ruota attorno a Henry James che da neonato parlante si trasforma in bambino prodigio dalle abilità e dalla sensibilità disarmanti. E' la storia delle sue due famiglie, quella di nascita e quella acquisita che si intrecciano e confondono come in un complicato ed affascinante romanzo di formazione in salsa indie, con bizzarri ed eccentrici soggetti quasi usciti (Toni Collette lo è veramente) da una commedia di gusto Dayton-Faris come Little Miss Sunshine.

Tra i temi trattati, tutti con estrema leggerezza, spiccano la feroce esperienza scolastica adolescenziale, la ricerca delle proprie radici, l'omosessualità, la nascita in provetta, la famiglia, la malattia, la morte, e l'incontro, vero tema principale, da cui nascono le vere relazioni familiari, argomento che poi giustifica l'intera opera rendendola coesa e compatta nella trama e nello svolgimento.

Il trionfo pop di colori, inquadrature di dettagli e mani dall'alto ricordano i film di Wes Anderson, ed il rapporto tra i due piccoli protagonisti del film novelli fratelli, riporta all'innocenza cinica, disillusa ma anche poetica dei due personaggi di MoonriseKingdom, persi in un mondo che vedono attraverso occhi inspiegabilmente sempre diversi rispetto a quelli degli altri: visioni fantastiche considerate strane dal mondo esterno e per questo, straordinarie.
La tempesta di post-it, un po' come una pioggia di rane, è la classica scena madre per cui vale la pena di vedere il film: quella dopo la quale ogni cosa torna normale, forse migliore, e da semplice puntino nel caos si trasforma in nuova consapevolezza.


Prodotto da Julia Roberts, che ha recitato in un precedente film di Dennis Lee, Jesus Henry Christ gode, dunque, di una suggestiva fotografia, una semplice ma divertente trama, ottimi attori e una coinvolgente colonna sonora. Un racconto di vita a metà tra Little Miss Sunshine e Ogni cosa è illuminata.

Cosa desiderare di più da un film, oltre a voler scoprire il magico arcano celato dietro ad un titolo così misterioso?


Jesus Henry Christ: The plot revolves around Henry James who as a newborn speaking, turns into a child prodigy with disarming skills and sensitivity.
Main themes are the brutal adolescent school experience, the search of their own roots, homosexuality, birth in a test tube, the family and death. There is a fabulous triumph of color and Wes Anderson – reminiscences in details and shots of hands from the top or in the relationship between the two young protagonists. The storm of post-it, a bit like a rain of frogs, is a very powerful climax after which everything returns to normal, maybe better.
Produced by Julia Roberts, who starred in a previous film by Dennis Lee, Jesus Henry Christ has, therefore, a great photograph, a simple but entertaining plot, excellent actors and an engaging soundtrack.

What do you want from a movie, besides wanting to discover the magical mystery hidden behind a so mysterious title?

martedì 2 luglio 2013

Lola Versus

Un film di Daryl Wein con Greta Gerwig, Joel Kinnaman. USA, 2012

Presentata al Tribeca Film Festival 2012, è una deliziosa comedy indipendente dal sapore newyorkese, un po' Paris-Manhattan (senza Paris), un po' Ciliegine, un po' Julie Delpy: fil rouge fatto di donne, splendide protagoniste di un cinema d'autore spensierato.

Dopo un incipit onirico e spettacolare seguito da un inizio stabile e felice, il film inizia realmente e comincia a nascere e crescere quella componente emozionale che è continuamente messa in discussione durante l'intero svolgimento, senza mai essere, però, portata all'estremo, assicurando, dunque, allo spettatore una piacevole visione in leggerezza, rilassante e stimolante.

Una di quelle comedy romantiche senza struggimento che trattano il tema amoroso con l'ironia tipica dei personaggi nevrotici in stile Woody Allen, i quali nel loro maldestro arrancare cercano in ogni momento di rimanere a galla in una vita liquida e sfuggente, strappando sorrisi intelligenti.

Dietro una locandina che non promette nulla di buono, si nasconde, dunque, una bella sorpresa che parla d'amore, sesso, amicizia, sia presi singolarmente che confusi tra loro nonché tra i diversi personaggi, sempre vagamente sperduti nelle proprie vite di trentenni irrisolti.
Un altro tema portante del film: la presenza della famiglia. Abituati alle serie tv più comuni e ai telefilm in cui le figure genitoriali sono solo ingombranti assenze, in questi nuovi film d'autore ritorna il calore familiare, quello che, all'occorrenza, è sempre pronto a tamponare errori e tristezze: spesso una famiglia chiassosa (penso a quella di Marion in 2 days in New York) e divertente, in questo caso composta da un padre sicuramente eccentrico che dispensa senza pudore saggi consigli di coppia o una madre che riprende in mano la vita della figlia per rifarle spiccare il volo.

Scritta a quattro mani dal regista Daryl Wein e dalla fidanzata attrice e sceneggiatrice Zoe Lister Jones (qui nei panni della migliore amica di Lola), la sceneggiatura è scorrevole, asciutta, originale nei dialoghi e nel delineare nei particolari le personalità e le psicologie dei protagonisti, accurata. Un'opera seconda di coppia che supera l'esame e diventa matura, sempre dall'allure indipendente ma comunque finanziata con un budget che il loro primo film (Breaking Upwards) non si sarebbe mai sognato.

Greta Gerwig, nonostante non sempre compaia in film degni di nota (qui ho recensito Greenberg), si dimostra particolarmente brava ed adatta a questi ruoli di donna impacciata, single o impegnata che in qualche modo si salva sempre da sola, fiera di un'indipendenza disordinata e frenetica, che in fondo non vuole stravolgere.
Perfetta insieme alla compagna di marachelle sentimentali Zoe Lister Jones, ovvero l'amica Alice afflitta dalla sua singletudine perenne, vivace prezzemolina e, come tutti gli altri personaggi del resto, pronta a combinarne sempre qualcuna per poi farsi perdonare. 

Un vero piacere per occhi e cuore.


Alla prossima cine-recensione sempre in tema d'amore firmato Daryl Wein!



domenica 30 giugno 2013

The Exploding Girl

Un film di Bradley Rust Gray con Zoe Kazan e Mark Rendall. USA, 2009.

Una bella opera prima indipendente per il regista-sceneggiatore Bradley Rust Gray che, dopo alcuni cortometraggi, è approdato al lungometraggio. Presentato al Festival di Berlino, il film è una commedia deliziosa dal tocco amatoriale e il cast eccezionale: meritatissimo il premio Miglior Attrice al Tribeca Film Festival.






Una fragile e splendida Zoe Kazan che interpreta Ivy, racconta la quotidianità e la normalità di una giovane studentessa di ritorno a casa per le vacanze, alle prese con l'epilessia, un amore annoiato, una madre silenziosa ed un amico affettuoso con cui passare le giornate sullo sfondo di una Brooklyn caotica, rumorosa e luminosa, molto city contemporanea, esaltata, inoltre, da splendide riprese very street. E non c'è solo la città ma ci sono i locali, i tetti, i tramonti e gli eventi, in un mix di upper-class e hipsterismo, il tutto condito con il classico romanticismo da Grande Mela.

Tra i temi principali, oltre allo scherzo amoroso e all'assenza familiare, spicca quello della solitudine e della forza di una giovane donna mentre si confronta con un limite (l'epilessia) che la fa sempre vivere sul filo del rasoio, senza poter condividere le legittime insicurezze con qualcuno, fatta eccezione per l'amico Al, isola felice su cui approdare a fronte di un disinteresse generale atipico e anormale.

La principale tecnica con cui è stato girato questo piccolo gioiellino leggero anche se molto intenso per le tematiche, si aggiunge a tutti quei rivoluzionari esperimenti ultra contemporanei che partono quasi sempre dall'America e dal genio dei suoi videomaker più squattrinati che rivisitano le grandi lezioni “alla Lars Von Trier” o, per citare esempi ancora più storici, da Nouvelle Vague, inventando un cinema nuovo, sempre e rigorosamente low budget, in linea con i tempi.
Né esigenze né vincoli produttivi, troupe talvolta improvvisate, scarne, non professioniste e riprese rubate, girate senza permessi o autorizzazioni (come quelle in metro per esempio): tutti ingredienti del cosiddetto guerrilla filmmaking.
Un espediente tutto indipendente che, alla stregua del movimento mumblecore, cerca di interpretare le esigenze concrete dei filmmaker di oggi trasformando ogni ostacolo alla realizzazione di un'opera filmica, in precisa scelta stilistica e dando vita ad un cinema sempre in evoluzione, letteralmente sperimentale.


giovedì 23 maggio 2013

Waiting for "Before Midnight"


E' stato presentato nei primi mesi del 2013 prima al Sundance, poi a Berlino e in ultimo a New York, al Tribeca film Festival: è il terzo film della storia d'amore diretta da Linklater nel corso degli ultimi vent'anni, interpretata da Julie Delpy e Ethan Hawke.

Céline e Jesse, parigina lei, americano lui, sono i protagonisti di un'intensa e tormentata storia che li vede trasformarsi da sprovveduti ventenni sconosciuti, poetici vagabondi persi nella notte accogliente di Vienna a parlare d'amore tra i parchi e le panchine di romantici vicoli storici, in trentenni a Parigi, un po' più disillusi, sentimentalmente impegnati ma ancora sensualmente attratti dagli sguardi e le parole di un'intimità quasi platonica mai completamente realizzata.

Dopo Before Sunrise e Before Sunset, Before Midnight è un'ansiosa cine-attesa: finito di girare a settembre scorso e (neanche a dirlo) senza una data d'uscita italiana, racconta un nuovo romantico incontro tra i due protagonisti ormai adulti, quarantenni maturi e risolti, questa volta, immersi nella natura degli straordinari peasaggi della Grecia.

I toni mediterranei che dal trailer si percepiscono, fanno pensare ad una rivoluzione nel cinema di Linklater, almeno per questo film: spariscono gli scorci caratteristici delle capitali europee, l'atmosfera metropolitana delle lunghe passeggiate attraverso la città, accompagnate da amorevoli dialoghi metafisici e filosofici, per prediligere, un tocco quasi più familiare, in linea con la crescita sia degli attori che dei loro personaggi.

Dopo Bernie, il regista continua la sua via indipendente verso un cinema diventato ormai riconoscibile grazie alla sua firma d'autore, che si è evoluto ma che negli intenti non è mai cambiato. Tanto amore.

martedì 14 maggio 2013

Take This Waltz


Un film di Sarah Polley con Michelle Williams e Seth Rogen. Canada, 2011

Presentato al Toronto Film Festival 2011 ed al Tribeca Film Festival 2012, è l'opera seconda della regista canadese Sarah Polley, che dopo il suo primo film con cui ha gareggiato al Sundance 2007, torna alla regia con un'intensa romantic dramedy.

Michelle Williams è Margot, sposata da pochi anni con Lou (Seth Rogen), uomo un po' freddo e molto occupato dal proprio lavoro, con cui ama giocare fino a non più divertirsi, dimostrandogli un affetto strano, quasi malato, tramite discutibili frasi in codice giocosamente inquietanti. Un modo bizzarro di vivere in una coppia collaudata ma al contempo formata quasi da sconosciuti che provano a cercarsi e il più delle volte finiscono per perdersi.

Due personaggi molto complessi, che sono ritratti profondamente ed onestamente, approfonditamente descritti nelle loro paure e nella fragilità di chi sa parlare del proprio disagio e lo esorcizza senza vergogna. Margot è in conflitto con il suo essere libera ed in gabbia, amata ed amante: sentendosi in colpa e senza il coraggio di affrontare il bivio della vita, intrattiene un'amorevole amicizia complicata con il vicino Daniel, così come Lou, distratto dalle ricette di pollo e da una famiglia problematica, si accorge troppo tardi di una deriva che li porterà ad un epilogo infausto.

Un vero valore aggiunto del film, oltre alla sceneggiatura ben scritta, senza dialoghi superflui e con informazioni dosate che rivelano nei tempi giusti e gradualmente le storie dei protagonisti, sono sicuramente l'insieme di location e scenografie.
Un vero paradiso estetico si staglia davanti all'occhio di chi non solo osserva il film, ma ne viene rapito dai colori, quelli caldi, saturi e sensuali del quartiere portoghese di Toronto: una Little Portugal dai materiali e dagli oggetti tipici, con le facciate delle case sgargianti, le strade color pastello e gli affascinanti e profumati mercati dal sapore etnico.
Così come l'ottima ricerca delle location esterne ha sortito un risultato più che visivamente gratificante, anche lo studio degli interni e la consapevolezza scenografica con cui sono stati arredati rendono lo spazio in cui si muovono i protagonisti, quasi il terzo personaggio del film, se non si conta il vicino di casa amico pittore e portatore di risciò che rappresenta il classico elemento disturbatore di un idillio amoroso da rovesciare.
Strettamente correlati ed altrettanto convincenti i costumi: abiti fioriti e colorati in piena atmosfera esotica, regalano al film un'aura un po' latina, un po' mediterranea estremamente curata.
L'impostazione narrativa circolare fa in modo che inizio e fine coincidano in un unica sfornata di dolci amari, al ritmo di un tango poetico in una soffitta sfitta dal tocco parigino.

Oltre la componente visiva, si assiste ad una piacevole attenzione per il sonoro: giochi di rumori e suoni che si interrompono sottolineano i diversi punti di vista assunti dalla macchina da presa in luoghi differenti e tengono vivo il ritmo della storia portata avanti dalle microazioni dei personaggi seguiti da vicinissimo e quasi trapassati dall'obiettivo, come a volerli studiare e scoprire dall'interno, nella loro complessità.
La colonna sonora, tra brani classici e più indipendenti compone un quadro sonoro perfetto per accompagnare una storia amara che prova a rendersi divertente e non riuscendoci, finisce per morire dietro un vetro, osservando crescere muffin al mirtillo.

lunedì 29 aprile 2013

Supporting Characters


Un film di Daniel Schechter con Alex Karpovsky, Tarik Lowe, Lena Dunham. USA, 2012.

Presentata al Tribeca Film Festival 2012, è una storia semi autobiografica in pieno stile New York-indipendente.

Nick (Alex Karpovsky) è un giovane montatore newyorkese prossimo al matrimonio, ed insieme all'amico assistente Darryl (Tarik Lowe) sta rimaneggiando, come di consueto, la struttura di un film onde evitare un fiasco già preannunciato.
Entrambi più o meno fidanzati, durante le sessioni di lavoro, talvolta anche notturne, si raccontano i propri problemi mentre un regista assente e stralunato, un po' meteora un po' paranoico, rende la vita difficile ai suoi dipendenti.
Ma ecco che l'elemento disturbatore di natura femminile (il fatidico supporting character) non tarda ad arrivare per rompere l'apparente quiete regnante: è l'attrice del film in questione e si chiama Jamie. Instaura quanto prima un rapporto molto confidenziale con Nick ma, nonostante l'ambiguità di qualche vago tentativo da parte di lei, nulla condurrà mai i due, seppur evidentemente controvoglia, a qualche tipo di incontro ravvicinato capace di minare le reciproche stabilità (?) sentimentali.

E', dunque, mentre i due protagonisti provano a salvare un film in crisi, che vedono rimessi in discussione anche i propri equilibri amorosi, ma se c'è qualcosa di scontato da dire è che la vita non è film, quindi, se un buon montaggio può fuor di dubbio conferir nuova vita ad un progetto ormai dato per spacciato, di certo non si rivelerà mai altrettanto semplice prendere piena coscienza della propria vita in un momento cruciale di grandi decisioni (l'imminente matrimonio di Nick) e dubbi esistenziali.

E' un'istantanea nitida, realistica e, in un certo senso, anche un po' amara, comunque mai spensierata, quella che il regista Daniel Schechter scatta ad una coppia di amici americani e alle loro rispettive situazioni: due amici dall'aria senz'altro cool, celata però dietro all'estro quasi d'artista di due tipici ragazzi newyorkesi, di quelli pseudo-indipendenti, che alla fine, sì, lavoricchiano anche, ma, di fatto, nessuno capisce mai come riescano a pagare l'affitto.

La fotografia piacevolmente calda, dai toni romantici e dalle sfumature alla pesca rende tutto il film esteticamente d'alto livello, con inquadrature perfette nel loro equilibrio dal quale la macchina da presa non sgarra mai, rimanendo spesso fissa, mantenendo fuochi perfetti e immortalando espressivi volti eccezionalmente evocativi.

Un cammeo di Lena Dunham dalla durata fin troppo effimera, arricchisce la storia già combattuta e confusa di un protagonista che tra lavoro, amore e ingenui moti d'attrazione, sembrerebbe un personaggio (Nick) in preda ad un imminente attacco di nervi, ma che inaspettatamente conserva tutta quella seraficità che lo contraddistingue fin dal principio rendendolo ancor più attraente, nei suoi silenzi comprensibili con cui tenta, altresì, di giostrare al meglio le fila di una vita dalla quale fa finta di non sentirsi edificato ma che in realtà, sotto sotto lo fa sentire un vero hipster senza eccezione.
Anch'egli, oltre a Lena Dunham, mutuato dalla serie tv GIRLS, dalla quale riprende anche il lato irrisolto del suo personaggio, Alex Karpovsky dimostra doti recitative molto buone e scorrevolmente amabili, tanto quanto quelle del co-protagonista Tarik Lowe, personaggio assai più scanzonato e divertito che, al regista, in questo caso, presta anche la sua piacevole mano di sceneggiatore.

Un bel film d'autore che, ancora una volta, con uno stile meno underground ma più contemporaneo e pulito dei soliti mumblecore, racconta una generazione in perenne conflitto, a disagio sia con i temi primitivi ed originari della famiglia, dell'amore e del sesso, sia con i temi più attuali relativi al contesto di crisi personale e globale socio-economico-culturale.

Scambio di favori tra indie-autori: una colonna sonora firmata dall'amico regista e musicista Jordan Galland (che per Tiny Furniture regalò un brano anche a Lena Dunham) in cambio di un trailer (per il film di Galland Alter Egos): onesto.




domenica 24 marzo 2013

Your Sister's Sister


Un film di Lynn Shelton con Emily Blunt, Rosemarie DeWitt, Mark Duplass. USA, 2011.



E' stato ufficialmente selezionato (tra gli altri) sia al Sundance Film festival che al Tribeca Film Festival 2012 e rientra a tutti gli effetti nel genere/movimento cinematografico più indie e squattrinato (?) del cinema contemporaneo: il mumblecore.
Jack (Mark Duplass) è un giovane uomo sofferente per la perdita del fratello da cui non sa riprendersi, mentre Iris, sua migliore amica ed ex ragazza del defunto, cerca di riportarlo in sè mandandolo a rilassarsi e a pensare lontano dai problemi, in una vecchia casa di famiglia circondata dalla natura selvaggia di un'isoletta non lontana ma assai tranquilla e totalmente avulsa dal contesto cittadino.
Jack imbraccia la sua vecchia bicicletta rossa e dunque parte alla volta della casa nel bosco, sfrecciando su deserte strade, nei tramonti americani su acque limpide di laghi o mari misteriosi ma, giunta sera, arriva a destinazione e scopre che l'abitazione è lungi dall'essere vuota e desolata.
Si tratta della sorella omosessuale di Iris, Hannah, che dopo aver rotto una relazione di sette anni trova in Jack un buon confidente compagno di tequila con cui condividere i propri dispiaceri.
Un grande scherzo cosmico li unisce per una notte ma l'indomani sopraggiunge Iris e la strana coppia si trasforma in un trittico d'anime confuse destinato alla deflagrazione.
Ma è sorprendente scoprire quanta comprensione, nonostante il dolore, possa produrre il vero amore, quello covato per anni e mai confessato, pronto ad essere rivelato. E poi, si sa, i legami familiari sono duri a spezzarsi e due sorelle in crisi che si confidano di notte, si cucinano pancakes vegani e malriusciti a colazione non potrebbero mai serbare tanto rancore.


Una poetica storia di uomini e donne che non si lasciano andare, di fratelli e sorelle che si confondono, di solitudini che si agganciano nel comune dolore delle perdite, ruotando su se stesse, sfiorandosi con la leggerezza di chi non ha paura di uscire dagli schemi ed è pronto ad amare, a proprio modo, nonostante le vite complicate.
Emily Blunt e Rosemarie DeWitt, splendide sorelle d'america, incantano lo spettatore con il proprio codice di comunicazione, fatto di sguardi, piccole attenzioni e complici ricordi: una bella fotografia di una quasi-famiglia che si assesta con la speranza di uno dei finali più fastidiosamente aperti della storia del cinema!
L'autrice e regista Lynn Shelton torna a dirigere il grande Duplass già diretto nel 2009 in Humpday. Dividendosi tra cinema indipendente e serie tv (ha diretto anche episodi di Mad Men e New Girl) fa scoprire con finezza la grande abilità (comune a pochi) di far parlare i silenzi dei suoi personaggi, rendendo i dialoghi necessari, mai verbosi, ironici e, nonostante la loro intrinseca amarezza, piacevolmente umoristici. 





martedì 5 marzo 2013

The Giant Mechanical Man


Un film di Lee Kirk con Jenna Fischer, Chris Messina. USA, 2012

E' il debutto dietro alla macchina da presa di Lee Kirk, già scrittore di cortometraggi e commedie, è stato presentato al Tribeca Film Festival di New York (che vanta, tra i suoi fondatori nel 2002, anche Robert De Niro) ed è stato defito una dramedy ovvero una commistione di contenuti divertenti e seri in bilico tra commedia e dramma romantico.

Siamo in un'anonima città contemporanea mai protagonista nel corso del film, attraversata da corpi non meglio identificati dagli occhi tristi e dalle camminate lente. Janice è una single non poi così disperata che rivendica il suo diritto di scegliersi un uomo secondo le propri esigenze senza dover assecondare la sorella invadente ed impicciona che, con amore sì, malauguratamente la vorrebbe accasata con un noioso e sedicente scrittore dalle dubbie capacità oratorie da lui stesso tanto millantate.
Ma l'uomo tanto sperato arriva, sotto metite spoglie: l'amore non mente mai, dunque, che egli indossi tuta e scopa per pulire le gabbie di un zoo (galeotta fu la scimmia molestata) o l'uniforme argentea dell'uomo di latta, l'artista silenzioso agli angoli delle strade testimone nascosto delle vite che lo sfiorano, Janice non si sbaglia.
Prendi un pennello e pochi trucchi: così un mimo trampoliere per le vie della fredda città si ritrova a scandire la vita di una donna romantica alla ricerca di un senso da dare alla propria esistenza, ammesso che sia effettivamente necessario farlo.

Una commedia romantica dal risvolto banalmente sdolcinato, che rinchiude in sé gli stereotipi classici della comedy tradizionale riletti però in chiave melensa, ai limiti del lamento e del piangersi addosso, senza l'ironia e l'irriverenza che spesso rendono il genere piacevolmente brillante.
Un inizio da film indipendente, con Tim (Chris Messina) che si trucca per mostrare se stesso al mondo indifferente, e che purtroppo poi sfuma nella piatta normalità della commedia convenzionale.
Una soluzione banale che non impedisce, però, l'apprezzamento generale del film, che vuole indagare l'infelicità e l'alienazione dell'uomo postmoderno che, trottola su se stesso, non riesce a scorgere nulla che non sia la sua stessa scia di tristezza che lo avvolge, soffocandolo, in un vortice difficile da arrestare.