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martedì 18 giugno 2013

Greenberg

Un film di Noah Baumbach con Ben Stiller, Mark Duplass, Greta Gerwig. USA, 2010

Presentato al Festival di Berlino, è il sesto film da regista dell'americano indipendente Baumbach.

Nonostante all'inizio sembri raccontare la storia di una tipica famiglia americana padre, madre, con bambini giardino e cane al seguito in procinto di partire per una vacanza in Vietnam, in realtà, Greenberg narra non tanto la storia di chi parte bensì le vicende di chi resta. E restano a casa, a Los Angeles, la dogsitter Florence (Greta Gerwig) e il fratello del padrone di casa per cui lei lavora, Roger Greenberg (Ben Stiller finalmente in un ruolo non demenziale), appena uscito da un esaurimento nervoso.

L'incipit è quello tipico della commedia americana tradizionale: un brano musicale carico e l'introduzione del personaggio di Florence, attorno alla quale si snoda l'intero film.
Instabilità e precarietà sentimentale per lei e un esaurimento da cui uscire con un graduale rientro in società e vecchi amici da riaffrontare per lui.

Nostalgico sguardo al passato e alle riaffioranti questioni mai affrontate, nelle quali si intromette con prepotenza un nuovo sentimento difficile da gestire, una relazione combattuta che nessuno dei due protagonisti sa far decollare.

E' tra cd musicali scambiati, lettere improbabili ed una morbosa insanità mentale, che nascono quasi dal nulla i temi fondanti di un film dal piglio contemporaneo: la paura, la precarietà nonché il confine sempre troppo labile ed impalpabile tra instabilità mentale conclamata e assurda normalità odierna.

Regista indipendente molto apprezzato in passato anche al Sundance, Baumbach ha anche collaborato con Wes Anderson avendo partecipato alla scrittura di ben due suoi film: con questa sua ultima opera però abbandona l'estetica elegante e indie-pop “alla Anderson” per mettere in scena le sue carte più mumblecore e confezionare un film che purtroppo stenta a fiorire.

Gli ingredienti indipendenti ci sono - Mark Duplass in un ruolo secondario ma efficace, Chris messina ottimo prezzemolino del genere, i temi e il disagio della generazione dei cosiddetti thirty-something in balia di loro stessi, una protagonista single un po' artista un po' inetta e una grande attenzione musicale - ma vengono oscurati da un uso troppo convenzionale e mai autorale di una macchina da presa praticamente invisibile, come non lo è mai in questo tipo di film.



martedì 5 marzo 2013

The Giant Mechanical Man


Un film di Lee Kirk con Jenna Fischer, Chris Messina. USA, 2012

E' il debutto dietro alla macchina da presa di Lee Kirk, già scrittore di cortometraggi e commedie, è stato presentato al Tribeca Film Festival di New York (che vanta, tra i suoi fondatori nel 2002, anche Robert De Niro) ed è stato defito una dramedy ovvero una commistione di contenuti divertenti e seri in bilico tra commedia e dramma romantico.

Siamo in un'anonima città contemporanea mai protagonista nel corso del film, attraversata da corpi non meglio identificati dagli occhi tristi e dalle camminate lente. Janice è una single non poi così disperata che rivendica il suo diritto di scegliersi un uomo secondo le propri esigenze senza dover assecondare la sorella invadente ed impicciona che, con amore sì, malauguratamente la vorrebbe accasata con un noioso e sedicente scrittore dalle dubbie capacità oratorie da lui stesso tanto millantate.
Ma l'uomo tanto sperato arriva, sotto metite spoglie: l'amore non mente mai, dunque, che egli indossi tuta e scopa per pulire le gabbie di un zoo (galeotta fu la scimmia molestata) o l'uniforme argentea dell'uomo di latta, l'artista silenzioso agli angoli delle strade testimone nascosto delle vite che lo sfiorano, Janice non si sbaglia.
Prendi un pennello e pochi trucchi: così un mimo trampoliere per le vie della fredda città si ritrova a scandire la vita di una donna romantica alla ricerca di un senso da dare alla propria esistenza, ammesso che sia effettivamente necessario farlo.

Una commedia romantica dal risvolto banalmente sdolcinato, che rinchiude in sé gli stereotipi classici della comedy tradizionale riletti però in chiave melensa, ai limiti del lamento e del piangersi addosso, senza l'ironia e l'irriverenza che spesso rendono il genere piacevolmente brillante.
Un inizio da film indipendente, con Tim (Chris Messina) che si trucca per mostrare se stesso al mondo indifferente, e che purtroppo poi sfuma nella piatta normalità della commedia convenzionale.
Una soluzione banale che non impedisce, però, l'apprezzamento generale del film, che vuole indagare l'infelicità e l'alienazione dell'uomo postmoderno che, trottola su se stesso, non riesce a scorgere nulla che non sia la sua stessa scia di tristezza che lo avvolge, soffocandolo, in un vortice difficile da arrestare.