Un
film di Jim Jarmusch con Bill Murray, July Delpy. USA 2005
Ha
vinto il premio speciale della giuria al Festival di Cannes del 2005
ed in origine avrebbe dovuto chiamarsi “Dead Flowers”.
Inchiostro
rosso su carta da lettera rosa e un picchio impresso sul francobollo:
una macchina da scrivere fantasma ed un figlio segreto da una donna
senza firma.
Una
lista di amanti ed un Don Giovanni invecchiato costretto a fare i
conti con il proprio passato.
Sono
questi gli ingredienti di un film stupendo che solo il genio di Jim
Jarmusch avrebbe potuto rendere così leggero e malinconico come una
canzone in auto che finendo lascia le sue parole nell'aria nonostante
il silenzio di chi dalla vita non vuole più aspettarsi grandi
stravolgimenti.
Cinque
tappe attraverso il proprio passato ed il nuovo presente di donne
talvolta distrutte, anime nuove con una vita troppo diversa da come
se la sarebbero immaginata ai tempi dell'amore.
Location
perfette, perlopiù tutte in caratteristiche cittadine nello stato di
New York, rappresentano la più adatta scorrevole visione dietro ad
un finestrino, per un road movie sotto note etiopi che “fan bene al
cuore”, dall'aria decadente che pur non discostandosi dalla
civiltà, trova i luoghi migliori e più silenziosi o desolati in cui
far sosta e portare avanti la bizzarra ed intrigante queste
dell'anima di cui si nutre.
Gli
anni migliori di Bill Murray che tra questo film e Lost in
Traslation, a partire dagli anni Duemila ha dato vita ai suoi
personaggi più affascinanti, eroi romantici e silenziosi, ironici e
buffi, corpi galleggianti tra l'inettitudine e l'alienazione.
Personaggi scelti con sapienza ed inebriati dalla poesia di una
recitazione personale ed introspettiva: da I Tenenbaum a
Moonrise Kingdom passando per Il treno per Darjeeling:
tutti capolavori.
Seconda
volta con Jim Jarmusch dopo Coffee
and Cigarettes: una
collaborazione perfetta che in Broken
Flowers diventa ancor
più matura e narrativamente strutturata, dando vita ad un'opera
completa, dalla trama misteriosamente poetica ma dallo stile meno
ermetico del solito, grazie ad una linearità, vero dono per il film,
che a fare strani paragoni, sarebbe tanto insolita quanto azzeccata
come quella di Una storia
vera di David Lynch.
Fantastica
apparizione iniziale di Juliy Delpy, quasi un cammeo che però
rappresenta forse il motore dell'intera storia.
Un
misto tra riprese dall'alto e dettagliate alla Wes Anderson e la cupa coralità dell'America
Oggi di Altman.
Una
bella riflessione non immediata, una storia non scontata e ben
recitata, di quelle a cui si ripensa continuamente cercando di
trovare risposte impossibili.
Una
sceneggiatura scritta magistralmente:
Don:
Che fai più tardi, beviamo qualcosa?
Carmen: Ehm... No, non bevo.
Don: Magari mangiamo qualcosa.
Carmen: Io non... mangio.
Don: Non mangi. Ehm, facciamo due passi... Non puoi dire che non cammini.
Carmen: Non ne ho tanta voglia.
Don: Ce l'hai una macchina da scrivere?
Carmen: Una macchina da scrivere?
Don: Sei sposata?
Carmen: Sai, forse adesso è proprio il caso che tu vada.
Carmen: Ehm... No, non bevo.
Don: Magari mangiamo qualcosa.
Carmen: Io non... mangio.
Don: Non mangi. Ehm, facciamo due passi... Non puoi dire che non cammini.
Carmen: Non ne ho tanta voglia.
Don: Ce l'hai una macchina da scrivere?
Carmen: Una macchina da scrivere?
Don: Sei sposata?
Carmen: Sai, forse adesso è proprio il caso che tu vada.
Un
viaggiare vorticoso, tanti sguardi ed indizi senza tempo: poche
certezze ed un ultimo giro di camera intorno a Don e alla sua
solitudine, per ricordarci che, “il
passato è passato,
il futuro non è ancora futuro... tutto ciò che conta è nel
presente”.
Hai riassunto benissimo il senso di questo film ed è proprio vero, è in questi ultimi anni che Bill Murray sta dando vita ai suoi personaggio più intensi!
RispondiEliminaTanto amore per Bill Murray! :)
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