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martedì 7 ottobre 2014

St. Vincent | Bill Murray, Bob Dylan, walkman e giardini




E’ stata diffusa in rete da poco ma è già virale sul web: una poetica clip di Bill Murray che canticchia Bob Dylan con il walkman appeso al collo e immerso in un’atmosfera da film indipendente americano di quelli che senza neanche averli visti sai che ti faranno bene. Siamo in un giardino un po’ decadente “alla Bobby Long”… 

Clicca sul LINK per vedere la CLIP !

- St. Vincent sarà l’esordio al lungometraggio di Theodore Melfi, giovane sceneggiatore, regista e produttore indipendente americano (seguitelo su Twitter per aneddoti, foto, clip e curiosità sul film: @theodoremelfi)  

- Il film è stato presentato in anteprima mondiale al Toronto International Film Festival e si è classificato secondo per il premio People's Choice Award come Miglior Film dopo The Imitation Game di Morten Tyldum. Un occhiolino alle musiche che saranno di Theodore Shapiro
- Bill Murray interpreta un veterano di guerra alle prese con i nuovi vicini di casa, tra cui un ragazzino con il quale inizierà un'amicizia particolare presumibilmente stemperata dai suoi sguardi ironici, amorevoli, rassegnati o nostalgici...

- CAST: Melissa McCarthy, Naomi Watts, Chris O'Dowd, Terrence Howard, Jaeden Lieberher, Lenny Venito, Nate Corddry, Dario Barosso, Kimberly Quinn, Donna Mitchell, Ann Dowd, Scott Adsit, Reg E. Cathey, Deirdre O'Connell, Ray Iannicelli.

Guarda il Trailer!! 
 

lunedì 12 agosto 2013

A Glimpse Inside the Mind of Charles Swan III

Un film di Roman Coppola con Jason Schwartzman e Bill Murray, USA, 2012

Sembrerebbe impossibile parlare di A Glimpse Inside the Mind of Charles Swan III, scritto e diretto da Roman Coppola, prescindendo in assoluto dal modo di fare cinema dell'amico Wes Anderson, con cui per altro collabora da anni.

Prima regia di fiction, dopo una carriera da video artist abbastanza fornita, per il fratellino e figlio d'arte di casa Coppola: una commedia ambientata a Hollywood, nel cuore di una Los Angeles piena di luci, vissuta di notte, tra realtà e fantasia, in ville e ospedali.
Anche i personaggi quasi usciti da quell'incantevole suite dell'Hotel Chevalier, e di conseguenza i loro ottimi interpreti, rimandano al cinema di Anderson, primo tra tutti Jason Schwartzman (The Darjeeling Limited) cugino stesso di Roman e Sofia, nipote, dunque, del maestro Francis Ford Coppola. Non sarebbe mai potuto mancare, a suggellare la sacra unione d'intenti cinematografici di famiglia, anche Bill Murray (Broken Flowers) sempre perfetto in ogni ruolo malinconicamente comico che interpreta.

Presentato all'ultima edizione del Rome International Film Fest, racconta la storia divertente ed ossessionante del grafico pubblicitario Charles che a causa di inconvenienti sentimentali, viene lasciato dalla fidanzata. Non riuscendo a farsene una ragione, escogita ogni piano per poter riavere a che fare con lei. In una confusione estetica sconcertante, realtà e fantasia si compenetrano fino a confondere gli stessi protagonisti, quasi usciti da un b-movie anni '70.
Un film circolare, dall'incipit geniale, quasi animato, ed un finale meta-cinematografico esaltante. Un'opera prima gradevole a cui manca la brillantezza e l'acume del cinema a cui si ispira ma che comunque è ben scritta, con dialoghi in gran parte divertenti, un ritmo perlopiù sostenibile ed uno stile che nel complesso acquisisce una dignità propria.
Grande colonna sonora di Liam Hayes.



It premiered at Rome International Film Fest in 2012. It would seem impossible to say something about A Glimpse Inside the Mind of Charles Swan III, written and directed by Roman Coppola, regardless of the way of making films of his friend Wes Anderson. Not only photography but also the characters refer to the cinema of Anderson: there are Bill Murray, Jason Schwartzman ( Roman and Sofia Coppola's cousin) and a very charming b-movie atmosphere.
Well written with brilliant dialogues, this first effort of Roman Coppola proved to be a success, despite not possess the acumen of cinema which is inspired. Great soundtrack by Liam Hayes!





martedì 25 giugno 2013

Lost in Traslation

Un film di Sofia Coppola con Scarlett Johansson, Bill Murray. 2003, USA

Non ho potuto fare a meno di dedicare un post a questo gioiellino romantico imperdibile.
La lista di premi vinti, non a caso, è quasi infinita e, tra tutti, in linea con il blog, cito quelli vinti agli Independent Spirit Awards: miglior film, regia, sceneggiatura e attore protagonista.

Una giovane sposa in cerca d'ispirazione, un po' acerba, un po' lolita, si aggira in un lussuoso hotel di Tokyo, dove è approdata per seguire il marito e i suoi impegni di fotografo eccentrico mentre lo stesso fa un affascinante attore di mezza età, disilluso e malinconico, in città per girare uno spot pubblicitario. Complice l'insonnia entrano l'uno nella vuota esistenza dell'altra.

Un'ottima opera seconda con la quale Sofia Coppola inaugura il suo interesse a quei due filoni particolari che si ritroveranno anche nei film successivi: il rapporto con il padre e la presenza del non-luogo per eccellenza, l'hotel, a cui è dedicato praticamente quasi tutta l'opera: hotel che per la Coppola significa praticamente sempre precarietà, ricerca di radici, di intimità e stabilità.

Affascinante il tema così etereo ma prepotente sulla scena, sia emotivamente che visivamente, dell'affetto amorevole e sensuale che può nascere tra due persone molto distanti d'età e molto vicine d'animo: un'emozione da proteggere e sfiorare con attenzione.
Un connubio romantico, Scarlett Johansson-Bill Murray fluttuanti tra i proprio desideri, in cui lei rappresenta al meglio un personaggio ingenuo, libero e senza malizia mentre lui, con una splendida interpretazione, racconta un uomo romantico che non esiste più, quello che fa sorridere con la sua malnconia.

Un film che stimola da diverse direzioni perché, la trama è semplice ma allo stesso tempo ricca di spunti secondari, di riempimento, molto piacevoli e mai inutili, sempre capaci di portare avanti la narrazione, mentre la recitazione è intensa, piena di sottotesto, molto fitta anche nei silenzi, così completi di parole e sentimenti sempre intuiti come una poesia delicata che deliziosamente suona leggiadra. La colonna sonora è, come spesso accade nei film della Coppola, sempre disarmante: con una consapevolezza musicale rara, la regista accosta e mixa contenuti e generi differenti e ultra-contemporanei perfetti sotto le immagini pop-romantiche quasi descritte da quelle note. 

Buona protagonista, non ingombrante ma interessante nella sua freddezza cromatica ed umana, è Tokyo, con i suoi colori, la gente indifferente e una vista spettacolare: una città non solo ammirata dall'immensa vetrata ai piani alti dell'hotel, ma vissuta dal basso, per le strade, nei locali underground.


Uno dei finali più belli della storia del cinema.




venerdì 14 giugno 2013

The Darjeeling Limited

Un film di Wes Anderson con Owen Wilson, Adrien Brody, J. Schwartzman, USA, 2007
E' stato presentato a Venezia ed è la sesta prova di regia dell'indie texano Anderson, perla rara scritta insieme a Roman Coppola (con cui continua ancora oggi un efficace sodalizio artistico) e a uno dei tre splendidi protagonisti, l'attore Schwartzman.
Ad aprire la scena è un viaggio cinematografico all'interno di un taxi spericolato con a bordo uno dei cammei più misteriosi dell'intero film: Bill Murray e le sue due vintage valigie. Sceso dall'auto, inizia a correre ma il Darjeeling Limited, si sa, non aspetta nessuno.

Il viaggio continua, ma a bordo dell'eccentrico, colorato, scanzonato e malconcio treno per Darjeeling, su cui viaggiano tre bizzarri peronaggi “alla Anderson”: tre fratelli in missione per conto di se stessi, con un itinerario da rispettare e l'intenzione, dopo un anno di silenzio reciproco, di ricominciare a fidarsi l'uno del dell'altro.
Un patto di fratellanza serratissimo, dunque, condotto dal fratello maggiore, abile regista dell'incontro, che con maestria e teatrale supponenza tesse le fila di una famiglia in subbuglio.

C'è tutto Anderson in questa commedia multicolor: puro virtuosismo ed eccellente estetica cinematografica, fino all'ultimo fotogramma.
Attualmente in post produzione con il nuovo film in uscita nel 2014, The Grand Budapest Hotel, il suo cinema è sempre iconico, pop, fatto di colori e fronzoli ma anche di inquadrature più che studiate con acuta finezza: mezzi primi piani, primi piani frontali, sguardi in macchina, particolari e dettagli mozzafiato.
Inquadrature fisse o carrelli a precedere dall'intrinseco valore semantico, rappresentano una storia raccontata anche grazie al delicato valzer della macchina da presa che poetica e malinconica balla, cantando la sua verità
Plongée e contre-plongée audaci, con camera completamente a picco puntata verso l'alto o il basso, il più delle volte a solleticare quel vizio artistico, marchio di fabbrica, firma d'autore, di riprendere le mani dall'alto: mentre guidano, servono una bibita, aprono una valigia o accarezzano profumi.

E poi c'è una sceneggiatura impeccabile suonata da musiche di prima scelta.

Finale epico che non svela il suo arcano, almeno non prima di essersi gustati, come a non averne mai abbastanza, il piccolo prequel Hotel Chevalier: dieci minuti di poesia d'autore interpretati dalla coppia Schwartzman-Natalie Portman, da cui Anderson riprende il feticcio dell'oggetto, il ton sur ton giallo limone di arredi e pareti, e lo stile tutto.

Piccoli gioiellini crescono: ambientato a Parigi è la base di racconto ideale, da sola o collegata al Darjeeling Limited, senza dimenticare che, comunque, “quei personaggi sono inventati”.

domenica 19 maggio 2013

Broken Flowers


Un film di Jim Jarmusch con Bill Murray, July Delpy. USA 2005

Ha vinto il premio speciale della giuria al Festival di Cannes del 2005 ed in origine avrebbe dovuto chiamarsi “Dead Flowers”.

Inchiostro rosso su carta da lettera rosa e un picchio impresso sul francobollo: una macchina da scrivere fantasma ed un figlio segreto da una donna senza firma.
Una lista di amanti ed un Don Giovanni invecchiato costretto a fare i conti con il proprio passato.
Sono questi gli ingredienti di un film stupendo che solo il genio di Jim Jarmusch avrebbe potuto rendere così leggero e malinconico come una canzone in auto che finendo lascia le sue parole nell'aria nonostante il silenzio di chi dalla vita non vuole più aspettarsi grandi stravolgimenti.

Cinque tappe attraverso il proprio passato ed il nuovo presente di donne talvolta distrutte, anime nuove con una vita troppo diversa da come se la sarebbero immaginata ai tempi dell'amore.
Location perfette, perlopiù tutte in caratteristiche cittadine nello stato di New York, rappresentano la più adatta scorrevole visione dietro ad un finestrino, per un road movie sotto note etiopi che “fan bene al cuore”, dall'aria decadente che pur non discostandosi dalla civiltà, trova i luoghi migliori e più silenziosi o desolati in cui far sosta e portare avanti la bizzarra ed intrigante queste dell'anima di cui si nutre.

Gli anni migliori di Bill Murray che tra questo film e Lost in Traslation, a partire dagli anni Duemila ha dato vita ai suoi personaggi più affascinanti, eroi romantici e silenziosi, ironici e buffi, corpi galleggianti tra l'inettitudine e l'alienazione. Personaggi scelti con sapienza ed inebriati dalla poesia di una recitazione personale ed introspettiva: da I Tenenbaum a Moonrise Kingdom passando per Il treno per Darjeeling: tutti capolavori.
Seconda volta con Jim Jarmusch dopo Coffee and Cigarettes: una collaborazione perfetta che in Broken Flowers diventa ancor più matura e narrativamente strutturata, dando vita ad un'opera completa, dalla trama misteriosamente poetica ma dallo stile meno ermetico del solito, grazie ad una linearità, vero dono per il film, che a fare strani paragoni, sarebbe tanto insolita quanto azzeccata come quella di Una storia vera di David Lynch.
Fantastica apparizione iniziale di Juliy Delpy, quasi un cammeo che però rappresenta forse il motore dell'intera storia.

Un misto tra riprese dall'alto e dettagliate alla Wes Anderson e la cupa coralità dell'America Oggi di Altman.

Una bella riflessione non immediata, una storia non scontata e ben recitata, di quelle a cui si ripensa continuamente cercando di trovare risposte impossibili.
Una sceneggiatura scritta magistralmente:

Don: Che fai più tardi, beviamo qualcosa?
Carmen: Ehm... No, non bevo.
Don: Magari mangiamo qualcosa.
Carmen: Io non... mangio.
Don: Non mangi. Ehm, facciamo due passi... Non puoi dire che non cammini.
Carmen: Non ne ho tanta voglia.
Don: Ce l'hai una macchina da scrivere?
Carmen: Una macchina da scrivere?
Don: Sei sposata?
Carmen: Sai, forse adesso è proprio il caso che tu vada.


Un viaggiare vorticoso, tanti sguardi ed indizi senza tempo: poche certezze ed un ultimo giro di camera intorno a Don e alla sua solitudine, per ricordarci che, “il passato è passato, il futuro non è ancora futuro... tutto ciò che conta è nel presente”.