Visualizzazione post con etichetta Scarlett Johansson. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Scarlett Johansson. Mostra tutti i post

domenica 2 febbraio 2014

Her



Come sopravvivere alla storia di un amore possibile che tanto dolcemente nasce impalpabile e indissolubile e si perde nello spazio infinito tra le parole che tuonano e leggere risuonano senza lasciarsi toccare, in una vita che non appartiene al mondo fisico e che per questo esiste ancor più reale e imperfetta che mai? E alle belle partiture scritte sotto le note di un amore di parole che non si possono fotografare, solo immaginare?

Distanze inutili e implacabili si esprimono tra i complici corpi di plastica e le voci di velluto. La materia muore, eleva lo spirito e lo ferisce, attraverso una narrazione tagliata dalla colonna sonora che, senza tregua, cuce l'istante al tempo ,senza farlo scappare.

Un capolavoro da ascoltare attraverso la complessità di due personaggi in preda a emozioni incomprensibili, umane, urlanti in un mondo silenziosamente brulicante di voci confuse, sole, isolate, che finiscono per fare male.

Un piccolo miracolo che si avvera: uomo e macchina che si incontrano, carne e anime che si sfiorano, in un'unica canzone che è tutto il film, un ballo romantico sui tetti di una metropoli che ascolta senza parlare e non risponde. La denuncia più tragica e poetica dai tempi di Metropolis.

martedì 26 novembre 2013

Gli indipendenti del Rome Film Fest



L’ottava edizione del Festival Internazionale del Film di Roma si è conclusa con un trionfo tutto italiano: ad aggiudicarsi il Marc’Aurelio d’Oro come miglior film, infatti, è stato Tir di Alberto Fasulo, un’opera interamente dedicata alla crisi contemporanea vista attraverso gli occhi di un insegnante che diventa camionista. Quella di quest’anno è stata un’edizione particolarmente fortunata dal punto di vista delle scelte cinematografiche che si sono rivelate essere il giusto compromesso tra opere commerciali e scelte più ricercate. Tra i film in concorso e non, ecco cinque gioiellini quasi indipendenti passati dal festival e assolutamente da non perdere. 

Her di Spike Jonze

Ha vinto il Mouse d’Oro, il premio della critica online, nonché il premio per la miglior interpretazione femminile, andato ovviamente alla talentuosa Scarlett Johansson, nel film voce intima e amica di un bravissimo Joaquin Phoenix (recentemente ammirato in The Master). Ambientato a Los Angeles, Her è uno dei film più attesi d’autunno ed è una favola futuristica che parla d’amore. Una commedia romantica diversa dal solito, il cui protagonista, uno scrittore asociale di nome Theodore, si innamora di una voce appartenente ad un sistema operativo, Samantha. Diretta da Spike Jonze, noto per titoli quali Il ladro di Orchidee o il cortometraggio uscito da pochi giorni Castello Cavalcanti, l’opera è interpretata, tra gli altri anche da Amy Adams e Olivia Wilde, altre due attrici affermate all’interno del panorama indipendente americano.

Dallas Buyers Club Jean-Marc Vallée

Siamo nel Texas degli anni ’80 e ad un cowboy omofobo viene diagnosticato il virus dell’HIV. Nell’impresa di curarsi attraverso la medicina alternativa, Ron Woodroof (Matthew McConaughey, premiato per la miglior interpretazione maschile), incontra una transessuale sieropositiva. Un gioiellino dalla delicatezza senza eguali, quasi paragonabile alla poesia di This Must Be The Place di Sorrentino. Presentato in anteprima al Toronto Film Festival, nelle sale italiane arriverà solo a partire da gennaio 2014. 


 photo Viviconstile-Scrivo_zpsad41b9d3.jpg

martedì 25 giugno 2013

Lost in Traslation

Un film di Sofia Coppola con Scarlett Johansson, Bill Murray. 2003, USA

Non ho potuto fare a meno di dedicare un post a questo gioiellino romantico imperdibile.
La lista di premi vinti, non a caso, è quasi infinita e, tra tutti, in linea con il blog, cito quelli vinti agli Independent Spirit Awards: miglior film, regia, sceneggiatura e attore protagonista.

Una giovane sposa in cerca d'ispirazione, un po' acerba, un po' lolita, si aggira in un lussuoso hotel di Tokyo, dove è approdata per seguire il marito e i suoi impegni di fotografo eccentrico mentre lo stesso fa un affascinante attore di mezza età, disilluso e malinconico, in città per girare uno spot pubblicitario. Complice l'insonnia entrano l'uno nella vuota esistenza dell'altra.

Un'ottima opera seconda con la quale Sofia Coppola inaugura il suo interesse a quei due filoni particolari che si ritroveranno anche nei film successivi: il rapporto con il padre e la presenza del non-luogo per eccellenza, l'hotel, a cui è dedicato praticamente quasi tutta l'opera: hotel che per la Coppola significa praticamente sempre precarietà, ricerca di radici, di intimità e stabilità.

Affascinante il tema così etereo ma prepotente sulla scena, sia emotivamente che visivamente, dell'affetto amorevole e sensuale che può nascere tra due persone molto distanti d'età e molto vicine d'animo: un'emozione da proteggere e sfiorare con attenzione.
Un connubio romantico, Scarlett Johansson-Bill Murray fluttuanti tra i proprio desideri, in cui lei rappresenta al meglio un personaggio ingenuo, libero e senza malizia mentre lui, con una splendida interpretazione, racconta un uomo romantico che non esiste più, quello che fa sorridere con la sua malnconia.

Un film che stimola da diverse direzioni perché, la trama è semplice ma allo stesso tempo ricca di spunti secondari, di riempimento, molto piacevoli e mai inutili, sempre capaci di portare avanti la narrazione, mentre la recitazione è intensa, piena di sottotesto, molto fitta anche nei silenzi, così completi di parole e sentimenti sempre intuiti come una poesia delicata che deliziosamente suona leggiadra. La colonna sonora è, come spesso accade nei film della Coppola, sempre disarmante: con una consapevolezza musicale rara, la regista accosta e mixa contenuti e generi differenti e ultra-contemporanei perfetti sotto le immagini pop-romantiche quasi descritte da quelle note. 

Buona protagonista, non ingombrante ma interessante nella sua freddezza cromatica ed umana, è Tokyo, con i suoi colori, la gente indifferente e una vista spettacolare: una città non solo ammirata dall'immensa vetrata ai piani alti dell'hotel, ma vissuta dal basso, per le strade, nei locali underground.


Uno dei finali più belli della storia del cinema.




martedì 21 maggio 2013

A Love Song for Bobby Long


Un film di Shainee Gabel con John Travolta e Scarlett Johansson. USA, 2004.


Presentata a Venezia per la prima volta, è fino ad ora l'unica opera di finzione per la sceneggiatrice e scrittrice Shainee Gabel che approda alla regia ficton dopo il suo primo documentario Anthem risalente al 1997.


Da Panama City, Florida, a New Orleans: una romantica queste familiare alla ricerca delle proprie radici.
Lei è Purslane (Scarlett Johansson), giovane donna in conflitto col mondo e con se stessa che approda, in ritardo per il suo funerale, a casa della madre, dove l'attende una cittadina in lutto per una donna diventata ormai leggenda, generosa amante perduta che lascia al mondo il suo profumo in vecchi libri, poesie e canzoni.
Il nome di un fiore e due uomini sfaccendati: una convivenza inquietante tra la decadenza di pareti marcite, una solitaria veranda in legno e le troppe birre al ritmo country delle chitarre scordate: Lawson e Bobby Long, l'allievo e il professore, perduti in un libro che non esiste, poeti ubriachi in viaggio verso la lucidità.


La defunta madre di Purslane, Lorraine, è la presenza protagonista assoluta del film, vivido e sensuale ricordo nei cuori del resto dei personaggi, sembra coordinare magistralmente i loro rapporti e le coincidenze d'amorosi sensi da cui sono indissolubilmente legati. E' lei che tesse trame e tele a cui alla fine conferirà l'ordine cosmico migliore, con un finale circolare che chiude in positivo il poetico vagar di ognuno. 

Padri, figli e amanti in bilico: tutti personaggi profondamente caratterizzati, che si muovono misteriosamente lasciando in sospeso ragioni e sentimenti, soggetti ad un deus ex machina che non esiste ma che fin dal principio definisce gli intrighi di una trama interessante e romanticamente destinata alla deriva senza ancora, nonostante tutto, essere del tutto spacciata.

temi della pacificazione con se stessi, della lucidità, del confine sottile tra consapevolezza ed incoscienza, ed un accennato erotismo quasi ineffabile, compongono l'affresco confusionario di un grande giardino in cui ogni fiore torna a respirare sotto al proprio sole personale.


Ancora una volta il topos del lento, ci regala un ballo intriso d'infinita tenerezza, al calar del sole, quando le congiunzioni astrali sono più favorevoli, i cuori più caldi e la fotografia più morbida. E' il tramonto, ed al tramonto si sa, anche un prato decaduto, in mezzo alla terra, tra roulotte, e vecchie poltrone, con una chitarra che intona una canzone d'amore, può diventare un posto più accogliente.