Un
film di Shainee Gabel con John Travolta e Scarlett Johansson. USA,
2004.
Presentata
a Venezia per la prima volta, è fino ad ora l'unica opera di
finzione per la sceneggiatrice e scrittrice Shainee Gabel che approda
alla regia ficton dopo il suo primo documentario Anthem risalente
al 1997.
Da
Panama City, Florida, a New Orleans: una romantica queste familiare
alla ricerca delle proprie radici.
Lei
è Purslane (Scarlett Johansson), giovane donna in conflitto col
mondo e con se stessa che approda, in ritardo per il suo funerale, a
casa della madre, dove l'attende una cittadina in lutto per una donna
diventata ormai leggenda, generosa amante perduta che lascia al mondo
il suo profumo in vecchi libri, poesie e canzoni.
Il
nome di un fiore e due uomini sfaccendati: una convivenza inquietante
tra la decadenza di pareti marcite, una solitaria veranda in legno e
le troppe birre al ritmo country delle chitarre scordate: Lawson e
Bobby Long, l'allievo e il professore, perduti in un libro che non
esiste, poeti ubriachi in viaggio verso la lucidità.
La
defunta madre di Purslane, Lorraine, è la presenza protagonista
assoluta del film, vivido e sensuale ricordo nei cuori del
resto dei personaggi, sembra coordinare magistralmente i loro
rapporti e le coincidenze d'amorosi sensi da cui sono
indissolubilmente legati. E' lei che tesse trame e tele a cui alla
fine conferirà l'ordine cosmico migliore, con un finale circolare
che chiude in positivo il poetico vagar di ognuno.
Padri,
figli e amanti in bilico: tutti personaggi profondamente
caratterizzati, che si muovono misteriosamente lasciando in sospeso
ragioni e sentimenti, soggetti ad un deus ex machina che
non esiste ma che fin dal principio definisce gli intrighi di una
trama interessante e romanticamente destinata alla deriva senza
ancora, nonostante tutto, essere del tutto spacciata.
I temi della
pacificazione con se stessi, della lucidità, del confine sottile tra
consapevolezza ed incoscienza, ed un accennato erotismo quasi
ineffabile, compongono l'affresco confusionario di un grande giardino
in cui ogni fiore torna a respirare sotto al proprio sole personale.
Ancora
una volta il topos del lento, ci
regala un ballo intriso d'infinita tenerezza, al calar del sole,
quando le congiunzioni astrali sono più favorevoli, i cuori più
caldi e la fotografia più morbida. E' il tramonto, ed al tramonto si sa, anche un prato
decaduto, in mezzo alla terra, tra roulotte, e vecchie poltrone, con
una chitarra che intona una canzone d'amore, può diventare un posto
più accogliente.
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