Presentato al Sundance Film
Festival nel 2012, è il debutto dietro la macchina da presa di Malik Bendjelloul.
Come mettere in immagini e parole
tanta bellezza musicale? Searching for Sugar Man è un ritratto speciale, quello
di Sixto Rodriguez, un musicista folk misterioso americano d’origini messicane che,
dopo due dischi e un tragico fallimento commerciale, si ritira dalla scena ignaro
dell’enorme successo che di lì a poco, nel caldo Sudafrica dell’apartheid, avrebbe
riscosso senza eguali, arrivando a superare nomi al tempo ben più noti come
quelli di Bob Dylan, dei Beatles o dei Rolling Stones.
Il poeta dei quartieri poveri
veniva chiamato, di quei quartieri ricchi di storie, spiriti vagabondi, miseria
e musica. Un volto sconosciuto, percepito e immaginato solo attraverso le
copertine di quei vinili che tutti custodivano gelosamente e dai quali venivano
graffiate via le canzoni proibite, che non hanno mai smesso di far sognare. E’
stato lui Sugar Man, l’uomo dai mille nomi, l’ispirazione segreta alle prime rivoluzioni
contro l’apartheid, uno stimolo censurato che ha saputo cogliere i suoi sacri
frutti.
E’ grazie alla sua misteriosa
sparizione dalla scena che un giornalista e un fan sudafricani iniziano il loro
viaggio alla ricerca di un artista dato ormai per perduto, del quale si
narravano epiche leggende, racconti di fantastici suicidi e oscuri
dissolvimenti sotto le note di una chitarra disperata.
La prima metà del documentario
crea quel mito che nella seconda metà prende vita e si incarna nel corpo di un poeta
inconsapevole, dalla dolorante potenza e dagli occhi di fuoco, ritratto dallo
stupore ammirato di chi parla di lui con in bocca una tale meraviglia, di
quelle riservate sollo all’asceta.
Lo stile vintage al sapore di una
super 8 che, per problemi di costi, è stata sostituita felicemente da un IPhone
e un’applicazione piuttosto riuscita, ci trascina in riva al mondo, a bere un
tramonto perduto tra le coste di due continenti obliati.
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