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domenica 1 marzo 2015

Birdman


Di cosa parliamo quando parliamo d’amore? Birdman è una bella dichiarazione d’amore per il cinema, il teatro e la bella letteratura silenziosa di Carver, che richiama le atmosfere americane, di provincia o cittadine di alcune case un po’ sfatte, di quelle sere brille in cui seduti sulla panchina dell’atrio di casa si ascoltano la periferia, la solitudine e i dolori nei rumori di piatti provenienti da lontano.
Una star del cinema ormai in decadenza cerca il grande riscatto, il Birdman di un tempo continua ad ossessionare  Riggan (Michael Keaton) ma è il momento di reagire nonostante i demoni del passato.

Il teatro nel film, una perfetta “mise en abyme”, un gioco tra differenti realtà che si sovrappongono e si intrecciano senza sosta.  Un passo a due tra finzione e verità, realismo ed effetti speciali, Carver e Birdman, il metodo Stanislavskij e la recitazione tradizionale, il personaggio di Edward Norton che ad un certo punto dice “Scopiamo per davvero” perché sul palco le emozioni devono essere vere, e Michael Keaton che entra in scena dalla platea simulando una pistola con le dita… Reale (nonostante la grande battaglia di Carver contro chi lo chiamava “realista”) e surreale si fondono, antieroi e supereroi si scontrano e l’incantesimo è fatto.

Un film esteticamente impeccabile, dalle luci soffuse, che solo un miracolo cinematografico ha potuto rendere così perfette, miracolo che il film, tecnicamente, si propone di essere: la grande ambizione di creare un piano-sequenza di due ore (ovviamente “finto”) è estremamente ammirabile e riuscita. La camera danza senza sosta, fluida e addosso ai personaggi, con movimenti studiati con precisione millimetrica.

Un lungo piano sequenza che ci rimanda immediatamente, agli otto piani sequenza di Nodo alla gola di Hitchcock, che ritorna iconograficamente anche nella locandina in cui un personaggio con un uccello in testa ci riporta spaventosamente a quel capolavoro de Gli uccelli in cui l’uomo viene tragicamente messo in gabbia, così come il personaggio di Michael Keaton è messo in gabbia dal suo doppio-Birdman, e forse da se stesso.

L’utilizzo sapiente dell’accompagnamento musicale è un altro punto a favore di questo film così denso di storie, espedienti tecnici invisibili e metafore: una batteria jazz commenta il film in ogni scena essenziale e ne dona il ritmo talvolta angosciante. Senza dimenticare l’umorismo: la sceneggiatura è un capolavoro di ritmi e battute ben amalgamate tra loro, divertenti e graffianti.


La metafora del volo domina l’intero film ed è la protagonista di alcune scene sulle quali si posa un velo così magico che  il paradosso cinematografico è pronto, Inarritu colpisce ancora.  C’è Hitchcock, dunque , ma parlando di citazioni, c’è anche Fellini (la scena finale del volo richiama l’inizio di 8 e mezzo) e c’è molto Altman, inevitabilmente, con un pensiero sincero al suo America Oggi, che riscalda lo sguardo e nel mostrarci il ritratto di una vita imperfetta, ci fa sentire sempre un po’ più a casa. 

venerdì 28 giugno 2013

Juno

Un film di Jason Reitman con Ellen Page e Michael Cera. 2007, USA.

Ha vinto al Festival Internazionale del Film di Roma ed è l'ottima opera seconda e indipendente di Reitman, secondo film dopo Thank You For Smoking.

E' l'opera che segna anche l'inizio del riuscito sodalizio tra il regista e la sceneggiatrice Diablo Cody (premio Oscar proprio per Juno), matrimonio artistico che li rivede insieme nel 2011 per Young Adult. I suoi dialoghi assurdi rappresentano sempre il tocco speciale in più che ogni film vorrebbe avere, per ottenere quella consueta brillante ironia che quando investe una commedia indipendente, poi la trasforma in vero e proprio capolavoro.

L'autunno nel Minnesota inizia presto, le foglie dei vialetti cominciano a cadere mentre i ragazzi vanno a scuola e di pomeriggio escono con gli amici.
Tutto iniziò con una poltrona” racconta Juno bevendo da una bottiglia di succo con fare ribelle prima di diventare una poetica animazione nei titoli di testa più belli mai visti prima: indie e sofisticati, vedono lei, la protagonista del film, camminare e camminare, fino ad immergersi nella realtà live action, sotto, neanche a dirlo, una delle colonne sonore più perfette della storia del cinema, con brani scelti, di prima qualità da riascoltare all'infinito, primo tra tutti quello d'incipit che suona sui titoli raccontando già la sua storia “All I Want is You”.

Un viaggio tra le stagioni di una vita giovane alle prese con “uno scarabocchio che non si può più cancellare”, immersa in scenografie curate nei minimi dettagli, sfondi dai colori caldi, ricchi di oggetti particolari, pop e fotografie sui muri.

Il cinismo irriverente è la chiave di lettura principale dell'intero film che punta molto sul carattere e sulla personalità di Juno, Maghetta per gli amici, (Ellen Page), sedicenne, eccentrica e spaesata, piccola ribelle incinta che si ritrova dunque ad affrontare una fase delicata della vita di una giovane donna, resa meno drammatica dall'umorismo tagliente e dalla feroce ironia che lei stessa usa per tirarsi fuori situazioni scomode, e continuare ad osservare il suo mondo noncurante di ogni regola o schema, vagando con una pipa in bocca, per giardini arredati e vialetti colorati a cercare dei genitori adatti al il “fagiolo che sta cuocendo”.

Quelli perfetti saranno Mark e Vanessa: una di quelle coppie “belle anche in bianco e nero” che inevitabilmente nascondono poi irrisolte questioni d'amore, e, a proposito di amore, come non parlare di Bleeker (Michael Cera)? Grande amico di vita di Maghetta, timido e sincero, è la personaggio costante del film, a volte invisibile ma nel complesso sempre presente nella sua infinita tenerezza/inettitudine.

Il tema quasi principale è quello della forza, del carattere femminile che in qualche modo prevalgono sull'uomo un po' più incapace di gestire le proprie emozioni, più impacciato (Bleeker) o più spaventato ed immaturo (Mark).
Altro tema affascinante, l'attrazione sensuale, un po' sconveniente, ma percepibile fin dal principio tra Juno e Mark: è il grande non-detto, non-narrato del film, che poi alla fine rappresenta la goccia che, come fosse un deus ex machina, conduce i personaggi alla consapevolezza. Ci sarà chi decide di continuare a lottare, chi dichiarerà il proprio innocente amore o confesserà le proprie debolezze...

Altro appunto non meno importante, il rapporto d'amore non convenzionale gestito anche all'interno della sfera familiare: le relazioni tra padre-figlia, matrigna-figlia, fuori da ogni stereotipo, sembrano quasi amichevoli, sinceramente turbolente ma intense, e poi c'è il coraggio di lei, Juno, che è la vera spinta all'interno della narrazione, nonostante la giovane età è una di quelle che non hanno paura di affrontare la realtà, non se la raccontano e sono capaci di esprimere un'emozione senza fronzoli. Ammirevole.

E' cinema indipendente nelle inquadrature “alla Anderson”, frontali, fatte di dettagli e particolari, nella presentazione quasi fumettistica di alcuni personaggi, magari introdotti da una voice over e illustrati da immagini descrittive nelle loro caratteristiche e bizzarrie .
Un “Favoloso mondo di Amélie” in salsa indie-pop americana che dunque si trasforma nel favoloso mondo di Juno, fatto da una realtà avulsa dalla normalità, dalla monotonia e ricca di sfumature, storie divertenti da raccontare e discorsi da affrontare senza peli sulla lingua.







giovedì 21 febbraio 2013

Silver Linings Playbook

Un film di David O. Russell con Jennifer Lawrence, Bradley Cooper, Robert De Niro. USA, 2012

Concorre agli Oscar 2013 con 8 nominations e di diritto gli spetterebbero tutti i premi possibili.
Il nuovo film dell'italo-americano David O. Russel è una divertente riflessione sul significato di pazzia, amore, colpa ed espiazione.
E' la storia di Pat (Bradley Cooper) e Tiffany (Jennifer Lawrence) sofferenti outsider emarginati da un mondo apparentemente normale, che arrancano nella confusa nebbia della loro vita, sopraffatta da emozioni difficilmente gestibili ma comprensibili, nonostante gli ostacoli e le restrizioni cui sono vincolate, per mano, molto spesso, di genitori troppo apprensivi, o al contrario, assenti e persi nelle proprie frivolezze.
La sindrome bipolare di lui e la dipendenza da sesso di lei rappresentano le due grandi anormalità che il mondo rifugge impietosamente ma che rendono fin dall'inizio i bizzarri protagonisti le uniche due figure positive del film le quali, salvandosi a vicenda, portano a termine la loro sacra queste come in un romazo cortese in cui finalmente anche al villain è dato di diventare eroe e scoprire l'arcano mistero della vita.

Una coppia perfetta che dona un equilibrio speciale ad una trama esplosiva, ricca di scene amabilmente grottesche ed al contempo ironiche, prima tra tutte quella dell'indignato Pat che, deluso dal finale dell' “Addio alle armi” di Hemingway, che pure le sue crisi maniaco-depressive le aveva, lancia nottetempo il libro dalla finestra svegliando i genitori e volendo esprimere loro il suo più fervido disappunto. Ed anche il padre di Pat non sembrerebbe condurre una vita monotona e scevra da strane psicomanie: si parla di un Robert De Niro divertente ma inetto e sprevveduto, quasi senza speranza, concentrato su fallimentari e pericolose scommesse in grado di portare, se possibile, ancor più scompiglio all'interno di una famiglia già di per sé originale e movimentata.