Un
film di Daniel Schechter con Alex Karpovsky, Tarik Lowe, Lena
Dunham. USA, 2012.
Presentata al Tribeca Film Festival 2012, è una storia semi autobiografica in
pieno stile New York-indipendente.
Nick
(Alex Karpovsky) è un giovane montatore newyorkese prossimo
al matrimonio, ed insieme all'amico assistente Darryl (Tarik Lowe)
sta rimaneggiando, come di consueto, la struttura di un film onde
evitare un fiasco già preannunciato.
Entrambi
più o meno fidanzati, durante le sessioni di lavoro, talvolta anche
notturne, si raccontano i propri problemi mentre un regista assente e
stralunato, un po' meteora un po' paranoico, rende la vita difficile
ai suoi dipendenti.
Ma
ecco che l'elemento disturbatore di natura femminile (il fatidico
supporting character) non tarda ad arrivare per rompere
l'apparente quiete regnante: è l'attrice del film in questione e si
chiama Jamie. Instaura quanto prima un rapporto molto confidenziale
con Nick ma, nonostante l'ambiguità di qualche vago tentativo da
parte di lei, nulla condurrà mai i due, seppur evidentemente
controvoglia, a qualche tipo di incontro ravvicinato capace di minare
le reciproche stabilità (?) sentimentali.
E',
dunque, mentre i due protagonisti provano a salvare un film in crisi,
che vedono rimessi in discussione anche i propri equilibri amorosi,
ma se c'è qualcosa di scontato da dire è che la vita non è film,
quindi, se un buon montaggio può fuor di dubbio conferir nuova vita
ad un progetto ormai dato per spacciato, di certo non si rivelerà
mai altrettanto semplice prendere piena coscienza della propria vita
in un momento cruciale di grandi decisioni (l'imminente matrimonio di
Nick) e dubbi esistenziali.
E'
un'istantanea nitida, realistica e, in un certo senso, anche un po'
amara, comunque mai spensierata, quella che il regista Daniel
Schechter scatta ad una coppia di amici americani e alle loro
rispettive situazioni: due amici dall'aria senz'altro cool,
celata però dietro all'estro quasi d'artista di due tipici ragazzi
newyorkesi, di quelli pseudo-indipendenti, che alla fine, sì,
lavoricchiano anche, ma, di fatto, nessuno capisce mai come riescano
a pagare l'affitto.
La
fotografia piacevolmente calda, dai toni romantici e dalle sfumature
alla pesca rende tutto il film esteticamente d'alto livello, con
inquadrature perfette nel loro equilibrio dal quale la macchina da
presa non sgarra mai, rimanendo spesso fissa, mantenendo fuochi
perfetti e immortalando espressivi volti eccezionalmente evocativi.
Un
cammeo di Lena Dunham dalla durata fin troppo effimera,
arricchisce la storia già combattuta e confusa di un protagonista
che tra lavoro, amore e ingenui moti d'attrazione, sembrerebbe un
personaggio (Nick) in preda ad un imminente attacco di nervi, ma che
inaspettatamente conserva tutta quella seraficità che lo
contraddistingue fin dal principio rendendolo ancor più attraente,
nei suoi silenzi comprensibili con cui tenta, altresì, di giostrare
al meglio le fila di una vita dalla quale fa finta di non sentirsi
edificato ma che in realtà, sotto sotto lo fa sentire un vero
hipster senza
eccezione.
Anch'egli,
oltre a Lena Dunham, mutuato dalla serie tv GIRLS, dalla quale
riprende anche il lato irrisolto del suo personaggio, Alex Karpovsky
dimostra doti recitative molto buone e scorrevolmente amabili, tanto
quanto quelle del co-protagonista Tarik Lowe, personaggio assai più
scanzonato e divertito che, al regista, in questo caso, presta anche
la sua piacevole mano di sceneggiatore.
Un
bel film d'autore che, ancora una volta, con uno stile meno
underground ma più contemporaneo e pulito dei soliti
mumblecore, racconta una generazione in perenne conflitto, a
disagio sia con i temi primitivi ed originari della famiglia,
dell'amore e del sesso, sia con i temi più attuali relativi al
contesto di crisi personale e globale socio-economico-culturale.
Scambio
di favori tra indie-autori: una colonna sonora firmata dall'amico
regista e musicista Jordan Galland (che per Tiny Furniture regalò un
brano anche a Lena Dunham) in cambio di un trailer (per il film di
Galland Alter Egos): onesto.